Tutte le agenzie internazionali, come OMS, UNICEF, UNESCO, ribadiscono la priorità, anche morale, di garantire ai giovani il diritto a un’istruzione di qualità nonostante la pandemia da Covid-19, attraverso la riapertura della Scuola in presenza, ma anche di farlo in piena sicurezza, per quanto non esista la possibilità di “rischio zero”. In Italia, le scuole riaprono in fase di “seconda ondata”, con oltre 1000 nuovi contagiati al giorno (nessuna Regione è senza nuovi casi al momento) e aumento dei ricoverati in terapia intensiva, mentre nel mondo la pandemia imperversa raggiungendo le cifre di oltre 30 milioni di casi con circa 350 mila vittime.
L’impatto della riapertura delle scuole sulla diffusione del Coronavirus non è chiaro. La frequenza scolastica potrebbe creare dei microfocolai, che vanno prontamente interrotti attraverso diagnosi precoce, isolamento, identificazione e isolamento/tamponamento dei contatti. I dati sinora disponibili mostrano una differenza tra i bambini minori di 12 anni, che si contagiano più frequentemente in famiglia che tra coetanei, e avrebbero un ruolo minore nella diffusione dell’epidemia, e gli adolescenti, che invece si contagiano come gli adulti e potrebbero fungere da “cavallo di Troia”, portando l’infezione in famiglia. Ne consegue, secondo gli esperti, che il rientro a scuola, per il ciclo di istruzione primario, non dovrebbe aumentare il rischio di diffusione del Covid-19, anche se c’è da tener conto che l’apertura delle scuole comporta anche la mobilizzazione e l’incontro degli adulti. Chiudere le scuole in presenza non è d’altronde una scelta scevra di rischi per gli studenti, soprattutto per quelli più svantaggiati: dai danni culturali, cognitivi, sociali, emotivi, agli effetti negativi sulla salute (sedentarietà, disturbi del sonno, problemi nutrizionali, depressione e ansia).
In Italia, il 14 settembre le scuole sono state riaperte in quasi tutte le Regioni tranne 7: Friuli (16 settembre), Sardegna (il 22), Campania, Abruzzo, Basilicata, Puglia, Calabria (il 24). E subito sono iniziati i problemi, come si legge dai bollettini di cronaca. Milano: positivi già 9 alunni (dai nidi alle scuole d’infanzia alle primarie alle secondarie); Como: positivo uno studente di un liceo; Provincia di Pavia: 4 classi isolate; Codogno: positiva una bambina della scuola materna; Casalpusterlengo: bimbo della scuola d’infanzia positivo; Cesano Maderno, in Brianza: un bambino va a scuola in attesa dell’esito del tampone, poi positivo, chiusura della classe e tampone a tutti; Alto Adige: tre alunni positivi, uno in una scuola materna, uno in una scuola elementare e uno in un istituto superiore; Bolzano: positivo uno studente di un istituto tecnico; Piemonte: 5 tra studenti e operatori della scuola positivi ai test rapidi, a Novara due fratellini positivi, uno alla materna e uno alle elementari; Treviso: una positività in una scuola materna e una in un istituto superiore; Veneto: bambini rimandati impropriamente a casa anche dopo un solo giorno di assenza per avere avuto anche un solo sintomo di quelli associati al Covid (ad esempio il raffreddore); La Spezia: causa un focolaio di quasi 800 positivi totali non sono riprese le scuole; Genova: ricoverate per Covid mamma e bambina di due anni del Bangladesh, la piccola aveva frequentato per qualche giorno un asilo; Rapallo: positivo un giovane di un istituto tecnico; Monfalcone (Gorizia): 115 ragazzi di 5 classi di un istituto superiore in isolamento fiduciario causa docente positivo al Coronavirus: sottoposti al tampone, tutti negativi; Gorizia: insegnante di una scuola materna positivo, e studentessa di un altro istituto in isolamento per contatto extra-scolastico; Trieste: positivo un ragazzo di una scuola primaria; Ferrara: insegnante di una scuola d’infanzia positivo; Rimini: studenti di due classi del liceo in isolamento domiciliare prima di iniziare la scuola per contatti con soggetto positivo; Cesena: studente di liceo positivo; Bologna: tre positivi in tre diversi istituti superiori; Piacenza: due casi in altrettanti istituti; Toscana: 42 i bambini in età scolare risultati positivi dal tamponamento a tappeto a inizio scuola; Fosdinovo, in provincia di Massa Carrara: 18 alunni e 3 maestre di una scuola elementare in quarantena per una bambina positiva; Chianciano Terme: maestra di una scuola primaria positiva, altre 9 insegnanti in quarantena perché contatti stretti, scuola chiusa per mancanza del personale docente; in provincia di Lucca: bambino di scuola primaria positivo; Spoleto: studente del liceo positivo; Ancona: un caso in un liceo; Monterotondo (Roma): studente superiori positivo; in provincia di Trapani, maestra della scuola dell’infanzia positiva; Palermo: chiusi due asili nido comunali in seguito al riscontro di positività di operatori; Sardegna, provincia di Oristano: insegnante dei corsi di recupero della scuola media positiva; Castellammare di Stabia: riapertura scuole rinviata al 1 ottobre causa troppi contagi Covid.
Situazioni analoghe, se non peggiori, nel resto d’Europa, come in Germania, dove migliaia di studenti sono stati messi in quarantena, o in Francia, dove attualmente sono 81 gli istituti scolastici chiusi e più di 2.100 classi in isolamento, e circa 1.200 nuovi casi fra gli studenti questa settimana rispetto alla precedente. Un caso che fa impressione è quello di Israele. Dopo aver chiuso le scuole a metà marzo, Israele le aveva riaperte il 17 maggio, grazie a numeri di contagi nel Paese molto contenuti: nel giro di pochi giorni tuttavia il SARS-CoV-2 si è diffuso negli istituti superiori, con 977 tra studenti e insegnanti infettati entro la fine dell’anno scolastico, a fine giugno, 240 scuole costrette a chiudere e 22.520 studenti e insegnanti in quarantena, mentre il numero di nuovi casi parallelamente cresceva in tutto il Paese, arrivando al punto che attualmente Israele è il primo Paese al mondo ad essere costretto a un secondo lockdown nazionale per cercare di contenere la diffusione del Coronavirus, che arriva a registrare 4.000 nuovi contagi al giorno. Per i Paesi svantaggiati invece non ci sono le risorse per adeguare gli ambienti scolastici alle esigenze di sicurezza, e in realtà come il Bangladesh o le Filippine le scuole non riapriranno. UNICEF infatti lancia l’allarme che metà degli studenti del mondo- circa 872 milioni di bambini in età scolare di 51 Paesi (circa 1 su 4 nel mondo) – non sono ancora in grado di tornare a scuola a causa del Coronavirus, anche se al culmine della pandemia erano state chiuse le scuole di 192 Paesi, per un totale di 1,6 miliardi di studenti senza scuola, di cui 463 milioni non hanno usufruito di nessuna forma di didattica alternativa.
In Italia, quasi il 50% del personale della scuola, circa 500mila persone, ha effettuato (su base volontaria) il test sierologico per il Covid-19, e di questi il 2,6% (13mila persone) è risultato positivo ed è stato sottoposto a tampone. In realtà, i test sierologici hanno valore epidemiologico sulla popolazione, per valutare la diffusione dell’infezione nella comunità (indagine di siero-prevalenza), ma non diagnostico sul singolo individuo, perché gravati da troppi falsi positivi e negativi. La finalità del sierologico è effettuare uno screening di chi vada sottoposto a tampone: data l’impossibilità di tamponare tutti, si cerca di fare una selezione del campione; tra i positivi al sierologico è più probabile intercettare l’asintomatico positivo piuttosto che in un campione non selezionato. Soprattutto il test sierologico rapido, eseguito su sangue capillare, dal dito (test qualitativo) è poco sensibile rispetto al test quantitativo su prelievo venoso.
Un grosso problema è la mancanza di personale: sono meno di 30 mila le immissioni in ruolo di docenti effettuate quest’anno, su un contingente finanziato dal governo di quasi 85 mila unità, pari solo al 35,3%, con 60 mila cattedre rimaste vuote, mentre per il sostegno, su oltre 21.000 posti, gli assunti sono meno di 2.000 docenti. Praticamente, la situazione è peggiore del 2019/20, quando le assunzioni furono il 39,6%, e si registra inoltre il record storico e mondiale di precari, oltre 210 mila. Per questo i sindacati hanno aderito alla manifestazione di protesta per la scuola del 26 settembre promosso da “Priorità alla scuola”: “la situazione è gravissima, c’è tanta improvvisazione, quella avviata è una falsa partenza”. Se i docenti aderiranno alla agitazione, non potendo accorpare le classi per le regole anti-Covid e non essendoci docenti in più per sostituzioni-lampo, i ragazzi dovranno tornare a casa.
Intanto, l’Istituto Superiore di Sanità, ISS (assieme a Ministero della Salute, Ministero dell’Istruzione, INAIL, Fondazione Bruno Kessler, Regione Veneto e Regione Emilia-Romagna) ha elaborato e pubblicato il 58° Rapporto Covid con le “Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di SARS-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi dell’infanzia”. La versione è quella approvata dalla Conferenza Unificata del 28 agosto in cui è stata inserita una “condizione” e una “raccomandazione” delle Regioni. La “condizione” è che nei servizi educativi per l’infanzia la didattica possa svolgersi a “gruppi stabili”, rimettendo ai singoli istituti la valutazione sulla loro dimensione. La “raccomandazione” è sulla didattica a distanza, nel caso in cui si dovessero verificare cluster che ne impongano la riattivazione.
Il primo punto è la misurazione della temperatura. Non viene prevista dal Governo la misurazione della temperatura prima dell’ingresso negli istituti scolastici: sta alla responsabilità dei genitori e degli studenti misurarla a domicilio e non uscire in caso di febbre oltre 37,5°. Questo sia per evitare che gli studenti ammalati infettino prima ancora di entrare in classe (fermate, autobus, treni, metropolitana, piazze, ecc.) sia per non creare file all’ingresso a scuola. Le Regioni potranno decidere però autonomamente di dotare le scuole di termoscanner per un secondo rilevamento dopo quello a domicilio. Si temono errori e imprecisioni nella misurazione domestica, oltre al fatto che la misurazione della temperatura è un parametro del tutto aspecifico e poco significativo per identificare il rischio di Covid-19. Oltre a misurare le temperature degli studenti, le famiglie avranno la responsabilità di verificare la presenza di sintomi riconducibili al Covid.
Un aspetto cruciale delle norme anti-Covid è la sicurezza del trasporto degli studenti. A bordo dei mezzi pubblici e degli scuolabus si viaggerà con la mascherina ed è consentito un coefficiente di riempimento non superiore all’80 %, prevedendo una maggiore riduzione dei posti in piedi rispetto a quelli seduti. Non si esclude la possibilità di installazione di separazioni removibili tra i sedili, al fine di consentire un indice di riempimento dei mezzi pressoché totale. Sui mezzi di trasporto pubblico devono essere installati appositi dispenser per la distribuzione di soluzioni idroalcoliche per la frequente detersione delle mani. E’ stabilito il divieto di salire sul mezzo pubblico in caso di alterazione febbrile o se si sia stati in diretto contatto con persone affette da Covid-19 nei 14 giorni precedenti. Gli studenti saliranno a bordo garantendo un distanziamento di almeno 1 metro e in maniera ordinata. Il secondo passeggero salirà dopo che il primo si sia seduto. Per la discesa, si procederà uno per uno, evitando contatti ravvicinati.
Riguardo ai banchi monoposto, ne sono ad oggi disponibili 400mila su un fabbisogno delle scuole di 2.400.000 unità: solo il 16,6%. La loro disponibilità sarà completata, si prevede, entro il primo novembre (ma c’è chi parla addirittura di fine 2020). Non è facile stabilire la disposizione idonea dei banchi nelle aule per garantire il distanziamento richiesto tra gli alunni.
Fondamentale per la prevenzione dei contagi il distanziamento: è’ richiesta in aula la distanza interpersonale di almeno 1 metro (facendo riferimento alla distanza tra le rime buccali). Occorre inoltre limitare al minimo le occasioni in cui venga meno il distanziamento. Saranno necessari all’uopo scaglionamenti delle entrate e uscite per evitare affollamenti e code. Nelle aule si dovrà garantire uno spazio individuale di 2 metri quadrati, compreso lo spazio occupato dal banco, anche lo spazio tra la cattedra e i banchi più vicini dovrà essere di almeno 2 metri. Non tutti gli istituti hanno aule grandi a sufficienza per garantire la presenza di tutti gli alunni nel rispetto delle norme sul distanziamento, per cui sarà indispensabile reperire nuovi spazi: nell’ambito degli stessi edifici scolastici (palestre, laboratori, corridoi, sgabuzzini) anche attraverso interventi di edilizia leggera, o con la costruzione di tensostrutture in cortile, e fuori (parrocchie, oratori cinema, teatri, musei, caserme) con l’intervento degli enti locali (proprietari delle scuole).
Laddove non si possano mantenere distanze sufficienti, la mascherina diventa lo strumento più utile per limitare i contatti. I bambini al di sotto dei 6 anni di età, come i diversamente abili, sono esentati dal suo uso. Le mascherine si possono togliere se è garantito il distanziamento di 1 metro, come quando gli alunni sono seduti al banco, mentre vanno tenute durante i momenti ricreativi, gli spostamenti, per andare in bagno, o in situazioni che prevedano la possibilità di aerosolizzazione, ad esempio il canto. Nel caso in cui si verifichi un aumento del trend di contagi, le Asl competenti potranno imporre l’uso della mascherina in permanenza. Ogni alunno deve avere a sua disposizione un dispositivo medico chirurgico, quindi non le semplici mascherine di stoffa. La mascherina non deve essere toccata, tolta o abbassata; deve essere sempre pulita e cambiata una volta al giorno. Le mascherine chirurgiche verranno distribuite dal governo alle scuole nel numero di 11 milioni al giorno, una al giorno per alunno o operatore.
L’igiene è uno dei capisaldi della lotta al virus. Le mani possono essere veicolo di contagio: raccomandare dunque di evitare di toccarsi naso e bocca, lavarle di frequente, a lungo (almeno 40 secondi) e con il sapone. In alternativa, disinfettarle dopo aver toccato superfici e oggetti in comune con gel igienizzante, che gli alunni devono portare sempre con sé, oltre ad essere presente in dispenser nei corridoi e fuori le aule. Tutti gli ambienti, le superfici, gli arredi, i materiali, gli oggetti in comune, dovranno essere puliti adeguatamente e costantemente, con regolarità durante la giornata. Va garantita anche ampia areazione degli ambienti con ricircolo dell’aria ad ogni cambio d’ora.
Sarà da evitare l’ingresso all’interno dell’edificio scolastico degli accompagnatori degli alunni, realizzando la zona di accoglienza all’esterno, con un solo genitore, uso della mascherina e rispetto del distanziamento anche tra gli adulti, differenziando i punti di ingresso dai punti di uscita e con ingressi e uscite scaglionati.
All’istituto scolastico spetta: 1) identificare un referente scolastico per il Covid-19 adeguatamente formato per gestire la risposta immediata in tutte le evenienze; 2) predisporre nel caso di un alunno si senta male in classe un locale interno adibito esclusivamente all’accoglienza e all’isolamento; 3) tenere un registro degli eventuali contatti tra alunni e/o personale di classi diverse; 4) stabilire la collaborazione dei genitori per misurare ogni giorno la temperatura del bambino e segnalare eventuali assenze per motivi di salute riconducibili al Covid-19; 4) monitorare le assenze, per individuare subito classi con molti alunni mancanti che potrebbero essere indice di una diffusione del virus.
Il referente deve svolgere un ruolo di raccordo con il Dipartimento di Prevenzione, con i Medici curanti e con gli altri referenti delle scuole sul territorio. L’ISS prevede la Formazione FAD per i referenti Covid-19 e per gli operatori sanitari dei Dipartimenti di prevenzione referenti COVID-19 per le scuole, con appositi corsi previsti sulla piattaforma EDUIS. Ove mancasse il 40% degli alunni in classe, il referente scolastico dovrà comunicarlo al Dipartimento di Prevenzione, che effettuerà un’indagine epidemiologica per valutare le azioni di sanità pubblica da intraprendere, se ci sono casi confermati nella scuola o di focolai di Covid-19 nella comunità.
Sintomi sospetti per Covid-19 sono: una febbre senza una causa che la spieghi, o sintomi respiratori e/o gastro-intestinali. La diagnosi differenziale con sindromi simil-influenzali su base clinica è impossibile. Covid-19 e influenza si possono presentare entrambe con febbre, brividi, tosse, respiro corto o affannoso, stanchezza, faringite, intasamento nasale, mialgie diffuse, cefalea, vomito e diarrea. Nel Covid-19 si può aggiungere però la perdita di gusto e olfatto e ci possono essere alcuni campanelli d’allarme, che però non sono precoci, ma tipici di forme avanzate: difficoltà a respirare, dolore o senso di oppressione toracica, confusione, difficoltà a svegliarsi, anuria, febbre o tosse che persistono, astenia marcata.
Se un bambino sta male in classe (aumento della temperatura corporea al di sopra di 37,5°C o sintomi compatibili con Covid-19) si avvisa immediatamente il referente scolastico per Covid-19 che provvede a isolarlo e a chiamare i genitori per il ritorno quanto prima possibile al proprio domicilio e l’attivazione dei necessari protocolli sanitari tramite il suo medico curante. L’alunno sintomatico viene portato in un’area dedicata all’interno dell’istituto, con mascherina, fino all’arrivo dei genitori. Il minore, nell’attesa, sarà in compagnia di un adulto che preferibilmente non presenti fattori di rischio per una forma severa di Covid-19. La stanza dove è stato isolato l’alunno dovrà essere igienizzata.
In caso di sintomi sospetti rilevati presso il proprio domicilio, i genitori sono tenuti a informare il pediatra e comunicare l’assenza scolastica per motivi di salute.
Nel caso di un bambino che presenta sintomi compatibili con un sospetto di infezione da Sars-CoV-2, il Pediatra, in base ad una sua valutazione – triage telefonico o visita – decide di inserire o meno il bambino in un percorso di sospetto Covid: nel caso sospetti il Covid richiederà immediatamente il test diagnostico, comunicando il sospetto al Dipartimento di Prevenzione che organizzerà l’effettuazione di tampone al suo domicilio.
In caso di tampone positivo, il Dipartimento di Prevenzione dell’ASL competente fa partire l’indagine epidemiologica volta a espletare le attività di contact tracing per l’identificazione dei contatti, la classe si chiude e si avvia la sanificazione straordinaria della struttura. I compagni di classe e gli insegnanti del caso confermato che sono stati a contatto nelle 48 ore precedenti l’insorgenza dei sintomi sono posti in quarantena per 14 giorni e tamponati per identificare gli eventuali positivi asintomatici. Lo studente resta in isolamento e non potrà tornare a scuola prima di una quarantena di almeno 14 giorni, con totale assenza di sintomi e negatività di due tamponi effettuati a distanza di 24-48 ore l’uno dall’altro.
In caso di negatività del tampone, non appena il bambino sta clinicamente bene, il pediatra firma un’attestazione in cui dichiara che è stato seguito il percorso opportuno, di aver ricevuto l’esito del tampone e che il bambino può tornare a scuola. Se lo ritiene necessario, il pediatra può chiedere eventualmente la ripetizione del tampone per la riammissione sicura in collettività.
Per tutte quelle situazioni che non rientrano nel percorso Covid, es. se un bambino si assenta da scuola per motivi familiari o per motivi di salute che esulano dal Covid, come un’infezione delle vie urinarie, non c’è bisogno di un certificato per tornare a scuola: l’obbligo di certificazione esiste solo per le assenze che concernono il percorso Covid. Eventualmente la scuola potrà richiedere una auto-dichiarazione da parte del genitore dei motivi dell’assenza.
Identica la procedura da seguire nel caso sia un operatore scolastico a manifestare sintomi di malattia.
La chiusura di una scuola o di classi della scuola dovrà essere valutata dal Dipartimento di Prevenzione in base al numero di casi confermati e di eventuali cluster e del livello di circolazione del virus all’interno della comunità.
Le scuole non dispongono di tamponi per l’accertamento dell’infezione da Covid-19. I criteri dettati dall’ISS per inserire un bambino nel percorso Covid sono molto ampi, il che potrà creare il rischio di un numero eccessivo di tamponi che mandi in crisi il sistema. Per questo potrebbero servire i test rapidi, che eventualmente potrebbero essere resi disponibili all’interno delle scuole.
Per quanto attiene alle quarantene, in caso di un positivo in classe vanno in isolamento per 14 giorni tutti i contatti delle ultime 48 ore, che prima della fine dei 14 giorni eseguiranno il tampone. Va in isolamento solo il contatto stretto (compagni e insegnanti) e non il contatto del contatto (i suoi familiari). I genitori del bambino e i fratelli sono contatti stretti e vanno in isolamento. Se il minore è a casa in isolamento, dal 9 settembre viene riconosciuto il diritto, a un genitore, allo smart working e al congedo retribuito. A seguito di esito negativo del tampone effettuato dal soggetto in isolamento domiciliare fiduciario in quanto contatto stretto di caso (con tampone preferibilmente eseguito in prossimità della fine della quarantena), il medico firma l’attestazione di rientro a scuola. Nel caso invece lo studente sintomatico risulti negativo al tampone, il resto della classe può riprendere la frequenza, all’esito del risultato negativo.
Riguardo ai “docenti fragili“, si stima che un docente su due delle superiori e uno su tre alle elementari abbia più di 55 anni, e molti sono portatori di patologie che li rendono suscettibili a un decorso più grave del Covid-19 (patologie cardiovascolari, respiratorie, dismetaboliche, del sistema immunitario, oncologiche). Tali docenti possono chiedere al proprio curante un certificato anamnestico in base al quale il medico del lavoro (medico competente dell’istituto scolastico o medico del lavoro dei servizi territoriali dell’INAIL) formulerà la sua valutazione per la dichiarazione di “lavoratori fragili”. La qualifica comporta di avere maggiori tutele: dispositivi medici individuali più protettivi (ad esempio mascherina Ffp2 e visiera), non avere rapporto con il pubblico, nei casi più gravi non idoneità temporanea alla presenza.
La tanto discussa didattica a distanza potrebbe restare parzialmente solo per gli studenti delle scuole secondarie di secondo grado, dove le capacità tecnologiche degli studenti consentono di alternarla proficuamente con quella in presenza. Contro il divario sociale verso chi non possiede strumenti tecnologici adeguati per la didattica on line, lo Stato prevede l’erogazione di bonus ai fini dell’acquisto di PC, tablet e connessione veloce. Nel caso di un riaccendersi della pandemia, si tornerà alla didattica solo a distanza, ma stavolta con una piattaforma del Ministero. La chiusura e la didattica a distanza andrebbero considerate solo in estrema ratio, per le influenze negative su qualità degli apprendimenti, ruolo di socializzazione e inclusione della scuola, alfabetizzazione cognitiva, linguistica ed emotiva.
Nell’ambito del programma “Istruzione, Formazione, Ricerca e Cultura” delle linee guida per il Recovery Plan sono compresi una serie di interventi: il cablaggio con fibra ottica delle infrastrutture scolastiche e universitarie da riqualificare anche in chiave di efficienza energetica e antisismica, l’arrivo di infrastrutture per e-learning e la digitalizzazione dei processi e degli strumenti di apprendimento, il potenziamento degli asili e i nidi tra zero e sei anni, la riqualificazione e formazione del personale docente, l’implementazione della ricerca. Questo perché la Scuola non può ricominciare come era prima della pandemia, ma deve sfruttare la rivoluzione che ha apportato per tornare ad avere un ruolo centrale nella società, e per far questo ha bisogno di investimenti e risorse.
Carlo Alfaro