Il coronavirus e Covid-19 spiegati in parole semplici dal dottore Carlo Alfaro in 14 domande e risposte
( di Miriam Perfetto) – Lo Strillo della penisola sorrentina, in un momento di emergenza mondiale come quello che stiamo vivendo, in cui siamo bombardati da notizie, ipotesi e consigli che a volte contribuiscono ad amplificare ansia e confusione, ha pensato di intervistare il dottore Carlo Alfaro, pediatra ospedaliero e appassionato di divulgazione scientifica, per far chiarezza sul Coronavirus.
- A causa del nuovo Coronavirus, SARS-Cov-2, attualmente nel mondo si contano oltre 30mila morti, e ben 2,5 miliardi persone vivono chiuse in casa, un terzo della popolazione mondiale. Cosa è accaduto?
L’11 marzo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha dichiarato lo stato di pandemia da COVID-19: “pandemia” è quando una malattia raggiunge ampia diffusione in tutto il mondo, con coinvolgimento di almeno due continenti, e una sostenuta capacità di trasmissione interumana in più Paesi non collegati tra loro e con il focolaio originario dell’infezione. Quando l’Oms dichiara lo stato di pandemia, ogni Paese è tenuto a rispondere mettendo in atto un piano organizzato per gestire l’emergenza sanitaria, e che lo aggiorni costantemente sulla base delle linee guida dell’Oms. Il “lockdown” (“confinamento”) delle persone in casa è dimostrato essere prassi efficace per il contenimento rafforzato dell’epidemia, in modo da rallentare la dinamica dei contagi cercando di ridurre la circolazione del virus e diluirne l’impatto nel tempo, al fine di evitare di sovraccaricare i servizi sanitari.
- Sono così micidiali, questi Coronavirus? Potrebbe spiegare anche l’origine del nome?
I Coronavirus (CoV) sono un’ampia famiglia di virus respiratori, a RNA. Come tutti i virus, parassiti totali, cioè che dipendono completamente dalle cellule ospiti, sono formati da un nucleo (core) racchiuso da un rivestimento proteico detto capside: per infettare, il virus deve dapprima aderire alla superficie della cellula ospite, poi il DNA o l’RNA virale si replica all’interno di essa e la uccide, rilasciando nuovi virioni che infettano altre cellule. Il nucleo è formato da materiale genetico, cioè da un acido nucleico, che può essere, a seconda dei virus, DNA oppure RNA, ma mai entrambi contemporaneamente. Sono VIRUS a DNA ad esempio il Papillomavirus umano, Herpes simplex e Varicella-Zoster, Epatite B, Epstein Barr Virus responsabile della Mononucleosi infettiva, Citomegalovirus; sono invece a RNA: Morbillo, Rosolia, Parotite, Virus respiratorio sinciziale, Influenza e Para-influenza, Rabbia, Epatite A, Rhinovirus, HIV, Ebola, Rotavirus. Siccome la trascrizione dell’RNA non è ben controllata come la trascrizione del DNA, i virus a RNA sono particolarmente predisposti alle mutazioni, che consentono di realizzare il salto di specie (spillover) dagli animali- serbatoio all’uomo. I Coronavirus hanno una morfologia “a corona”, che ne ha determinato la nomenclatura, dovuta alla presenza, quando osservati al microscopio elettronico, di glico-proteine con l’aspetto di punte sulla superficie, dette Spike (S), che sono un fattore di virulenza, perché servono all’aggancio alle membrane delle cellule dell’organismo. I CoV sono divisi in 4 sottogeneri: alfa, beta, delta e gamma, di cui i CoV alfa e beta possono infettare l’uomo. Sono comuni agenti infettanti in molte specie animali (uccelli, mammiferi di allevamento, cammelli, pipistrelli), ma il loro serbatoio naturale è il pipistrello. Quattro Coronavirus umani sono endemicamente diffusi a livello globale e rappresentano il 10-30% delle infezioni del tratto respiratorio superiore (raffreddori comuni). Nell’ambito di quelli tipizzati come Beta-Coronavirus, ci sono alcuni ceppi capaci di dare una sintomatologia a carico delle basse vie aeree importante e potenzialmente fatale: il SARS-CoV, responsabile della SARS (Severe acute respiratory syndrome) e il MERS-CoV, responsabile della MERS (Middle east respiratory syndrome), gravi epidemie occorse negli anni scorsi, e il nuovo SARS-Cov 2, responsabile della COVID-19. La SARS (Sindrome respiratoria acuta grave) apparve inizialmente in Cina nel novembre 2002, e tra il 2002 e il 2003 provocò una pandemia con una mortalità di circa il 10%. La MERS (Sindrome respiratoria mediorientale) è stata una grave epidemia sviluppatasi da un focolaio in Arabia Saudita nel giugno 2012, con letalità del 35%. L’analisi del patrimonio genetico del nuovo virus lo rende vicino a SARS-CoV e MERS-CoV per il 70-80%, tuttavia è ancora più simile al Coronavirus bat-SARS-like che infetta i pipistrelli. La SARS è passata dal pipistrello all’uomo tramite lo zibetto, la MERS tramite il dromedario, per SARS-CoV-2 si sono sospettati i pangolini (mammiferi), accantonata l’ipotesi del serpente. Fu il 31 dicembre 2019 che la Commissione Sanitaria Municipale della città di Wuhan, in provincia di Hubei, nella Cina centrale, segnalò all’Oms un focolaio di casi di polmonite ad eziologia ignota. Il 9 gennaio 2020, il China CDC (Center for Disease Control) ha identificato e sequenziato quale agente eziologico dell’epidemia un nuovo ceppo di Coronavirus, che non era mai stato trovato prima negli esseri umani. Il punto di partenza dell’infezione è indicato come il mercato ittico di Huanan della città di Wuhan: un mercato di prodotti ittici dove oltre al pesce fresco e ai frutti di mare vengono esposti e venduti animali vivi, domestici e selvatici. Sede ideale per il terribile “spillover”.
- Come si trasmette l’infezione?
I Coronavirus umani sono virus respiratori che si diffondono attraverso le goccioline del respiro e della saliva delle persone infette, chiamate droplets: nei contatti ravvicinati (con una distanza inter-persona di circa 1,8 m) attraverso tosse, starnuti, sputi; attraverso il contatto con oggetti contaminati dalle goccioline di saliva (SARS-CoV-2 può resistere a seconda del tipo di materiale da 3 ore in un tessuto e su una superficie porosa, a 4 ore su rame e legno, a 24 ore nel cartone, a 42 ore sul metallo, a 72 ore sulla plastica); nel caso le droplets eliminate dai malati restino sospese in aria come aerosol (fino a 3 ore); se le droplets si depositano sulle mani dell’ammalato, e passano per contatto diretto sulla mano di una persona sana, come in una stretta di mano, qualora poi la mano è recata da questi alla bocca o sul naso. E’ poco probabile la possibilità di trasmissione del virus attraverso alimenti, animali, oggetti, merci, a meno che non siano contaminati dalle secrezioni dell’ammalato e li si tocchi poi portando su naso e bocca le mani sporche.
- Perché COVID-19 è così pericoloso?
Perché è capace di infettare gli alveoli polmonari, dove avvengono gli scambi gassosi, grazie al legame della proteina S con l’enzima ACE2. Alcune particelle del virus hanno poi la capacità di attivare la cascata citochinica, che a sua volta genera una risposta infiammatoria abnorme che innesca il danno massivo dei polmoni e di tutti gli organi. Nel caso dei bambini, la sintomatologia è modesta probabilmente perchè la ridotta risposta infiammatoria tipica dei primi anni di vita è un elemento protettivo.
- Sono note durata di incubazione, infettività e immunità?
L’Oms definisce per il COVID-19 una incubazione da 1 a 14 giorni, con una media di 5. Il periodo di incubazione sembrerebbe tuttavia più lungo secondo alcuni autori, in media 7 giorni per gli adulti e 9 gg per i bambini, pertanto si suggerirebbe di estendere la quarantena dai 14 attuali a 18-21 giorni. L’infettività sarebbe in media di 3 settimane, fino a 37 gg. Non sappiamo dopo quanto tempo si sviluppano gli anticorpi, se sono protettivi, né quanto durano.
- Ma come si è creata la pandemia?
A causa dell’elevata contagiosità di questo nuovo Coronavirus. Il numero di individui suscettibili in media contagiati da un infetto da COVID-19 (parametro chiamato R0) è 2.5: ogni contagiato contagia 2 o 3 persone. Nella fase della crescita esponenziale, il numero di contagiati aumenta del 20-25% al giorno, raddoppiando ogni 3-5 giorni. Quando si raggiunge il picco di ascesa della curva dei contagi, la percentuale di persone suscettibili nella popolazione si riduce, e inizia la fase discendente della curva, grazie alla immunità di gregge (in media, l’epidemia dura 5-10 settimane). Gli asintomatici avrebbero un ruolo cruciale nella diffusione dell’epidemia: in Italia oscillerebbero tra il 20-60% dei casi. Non sappiamo quanto tempo ci vorrà perché l’epidemia passi in Italia. Non è detto nemmeno che col caldo l’epidemia migliori: sembra infatti dagli studi che il Coronavirus non terrebbe conto delle variazioni climatiche. Una caratteristica dell’epidemia italiana è l’elevato numero degli operatori sanitari contagiati: sono il 10% del totale, con una media di 400 operatori infetti al giorno, ed è una stima certamente sottovalutata. La morbidità della categoria è stata collegata alla diffusa carenza sul territorio di adeguati dispositivi di protezione individuale (DPI), che oltre a minare la sicurezza dei sanitari rischia di trasformarli in untori, diventando veicolo di contagio verso pazienti e cittadini.
- I sintomi sono quanto mai vari, possiamo ben focalizzarli?
Sì, vero, da forme, che sono le più frequenti, asintomatiche o con sintomi lievi, a forme con importante distress respiratorio (ARDS), che possono essere gravate da elevata mortalità. Nei casi sintomatici, è riportata nell’80% dei casi febbre e nel 60% tosse secca e stizzosa; possono esserci sintomi tipicamente virali come dolori muscolari diffusi, astenia e anoressia, rinite con congestione nasale e rinorrea, faringodinia, congiuntivite e sintomi gastroenterici come dolore addominale, nausea, diarrea (riportata nel 30% dei casi), rash. Due sintomi alquanto caratteristici del contagio da COVID-19: la perdita del senso dell’olfatto (anosmia) o la sua riduzione (iposmia) o alterazione (cacosmia) e del gusto (ageusia) o una sua alterata percezione (disgeusia) per più giorni, riferito da almeno i due terzi dei pazienti. Nella maggior parte dei casi non complicati si ha risoluzione in 7-10 giorni. Il 10% dei pazienti sviluppa una forma severa di polmonite interstiziale, che nel 3% può diventare critica e richiedere cure intensive. I bambini e gli adolescenti, sia nelle casistiche cinesi che italiane, tendono ad essere contagiati in ambito familiare e a presentare forme asintomatiche o lievi-moderate, con una letalità pari a <0.05%. Per la diagnosi strumentale ci si avvale di: Radiologia del torace, Ecografia polmonare, Tac torace (gold standard diagnostico), Saturimetria (importantissima per svelare un deterioramento della funzione polmonare, soprattutto misurandola sotto sforzo, con il Test del cammino, walking test, per 6 min, eseguito a cadenza giornaliera). I test di laboratorio contemplano: aumento PCR, linfopenia, trombocitopenia, aumento transaminasi, lattato deidrogenasi, creatin-chinasi, D-dimero; monitorare, per valutare la gravità, Troponina T per il danno miocardico, funzione epatica e renale, coagulazione, equilibrio acido-base, citochine.
- Potremmo far chiarezza sul tampone?
Serve per la diagnosi eziologica. Ad oggi, l’unico approccio diagnostico standard approvato dall’Oms per la definizione diagnostica è la ricerca dell’RNA virale nel tampone rino-faringeo (o altro materiale es. espettorato, liquido di lavaggio bronco-alveolare) attraverso RT-PCR (Reazione di trascrizione inversa della polimerasi a catena). In Italia il tampone è indicato se: 1) Infezione respiratoria acuta + assenza di altra eziologia + storia di viaggi in zone a rischio (cioè con presenza di casi a diffusione locale) negli ultimi 14 giorni; 2) Infezione respiratoria acuta + assenza di altra eziologia + necessità di ricovero; 3) Infezione respiratoria acuta + contatto stretto con caso sospetto o certo di COVID negli ultimi 14 giorni, laddove per “contatto stretto” si fa riferimento a chi vive nella stessa casa, o ha avuto contatto con le secrezioni infette, o contatto diretto con la persona a distanza minore di 2 metri e per un tempo di durata maggiore di 15 minuti. Secondo molti, effettuare invece i tamponi anche ai pazienti asintomatici su scala nazionale rappresenterebbe una buona strategia per contenere la diffusione dell’infezione. Il problema maggiore è la “sensibilità” del test”, per cui si intende la percentuale di pazienti che risultano positivi al test sul totale dei soggetti effettivamente infetti. Il test ha una sensibilità del 60-70%, il che vuol dire che 30- 40 persone su 100 che lo eseguono hanno la falsa informazione di non avere la malattia pur essendo infetti. La possibilità del 30% di falsi negativi si riduce al 5% circa facendone 3 nel corso dell’evoluzione della malattia. Inoltre, il tampone è la fotografia di un istante, rappresentando non una condizione di immunità ma solo lo stato del soggetto nel preciso momento in cui è effettuato, cosa che può variare già al contatto a rischio successivo. Ancora non è stato validato dall’Oms alcun test basato sull’identificazione di anticorpi (sia di tipo IgM che IgG) diretti verso SARS-CoV-2 ai fini della diagnosi di contagio. le IgM specifiche contro SARS-CoV-2 solitamente si positivizzano dopo 3-5 giorni dall’inizio della malattia, le IgG nella fase di convalescenza presentano un titolo 4 volte superiore rispetto a quello della fase acuta.
- E’ vero che sono più colpiti gli anziani e le persone già ammalate? Ci sono altri fattori di rischio o protezione?
Il COVID-19 colpisce qualunque età, ma il rischio di aggravamento e di mortalità è condizionato pesantemente dalla presenza di una comorbidità: ipertensione arteriosa, diabete mellito, patologie cerebro- e cardio-vascolari, patologie polmonari. Secondo il Report dell’Iss, la presenza di una o più patologie preesistenti era presente in quasi il 99% dei casi di morte. L’età media dei decessi è stata 79,5 anni e il 70% sono uomini. I dati scientifici attualmente disponibili non sembrano dimostrare una maggiore suscettibilità per persone con immunodeficienza congenita o acquisita da trattamento con farmaci immunosoppressori, trapianto d’organo o HIV. Riguardo i farmaci antiretrovirali assunti dalle persone con HIV (inibitori delle proteasi), al momento non ci sono evidenze che questi offrano protezione contro il contagio da nuovo Coronavirus. Smentita dagli esperti la notizia circolata che gli immigrati extracomunitari africani fossero immuni al Coronavirus grazie al vaccino per la tubercolosi. Siccome il rilascio di interleuchina 6 (IL-6) e di altre citochine è considerato uno dei meccanismi dell’infiammazione sistemica nelle forme gravi, si spiegherebbe la maggiore incidenza di forme gravi in soggetti che liberano di più questo mediatore: uomini di una certa età, soprattutto con più grasso viscerale (l’IL6 è prodotta anche dagli adipociti maturi) piuttosto che bambini e donne non obese, persone con attività fisica intensa (il rilascio è favorito dalla contrazione muscolare), condizioni di predisposizione genetica.
- Perché la letalità così alta in Italia?
I tassi di letalità (percentuale di morti per infettati) sono molto diversi nei vari Paesi colpiti dalla pandemia: Germania 0,3 %, Corea del Sud 1,1 %, Usa 1,2%, Francia 3,6 %, Cina 3,8%, Spagna 5,4 %, Italia 8,5 %, con la punta del 12,5 % in Lombardia. Tra le spiegazioni del “caso Italia”, cioè perché la Lombardia, e di conseguenza l’Italia, presentino un tasso di letalità così elevato per il COVID-19, ci sono diverse ipotesi (non confermata quella di una eventuale mutazione genetica del virus):
- L’età anziana della popolazione e le abitudini di vita con stretta condivisione degli spazi e della vita quotidiana degli anziani con le famiglie.
- Fattori legati al clima e all’inquinamento in Val Padana: secondo i ricercatori dell’Università del Maryland la metropoli cinese Wuhan e i focolai lombardo-veneti hanno analogie di latitudine, temperature medie e umidità. Anche l’inquinamento in Lombardia avrebbe favorito il virus (concentrazioni di Pm10), secondo uno studio della Società italiana di medicina ambientale.
- Basso numero di diagnosi rispetto al numero reale di casi: più è alto il numero di diagnosticati più si abbassa in proporzione la percentuale di decessi, e in Italia potrebbero esserci più di 1 milione di persone infette e non diagnosticate.
- Il massiccio contagio intra-ospedaliero: il primo focolaio si è sviluppato in un ospedale, a Codogno, coinvolgendo sanitari e pazienti, e anche successivamente, l’alto tasso di ospedalizzazione, superiore al 30%, ha portato a una elevata diffusione tra persone peraltro più a rischio perché ricoverate per altre patologie.
- La strategia di gestione: la non disponibilità di una terapia specifica da effettuare a domicilio ai pazienti infetti prima che manifestino la dispnea, che richiede cure ospedaliere, potrebbe aver fatto arrivare in ospedale pazienti già molto compromessi clinicamente.
- La prevenzione si basa essenzialmente sull’igiene, vero?
Giustissimo. Innanzitutto, il lavaggio delle mani per rimuovere i microrganismi che possono essersi depositati sulla pelle: almeno per 40-60 secondi, con acqua calda, sapone, sfregamento accurato, prima e dopo aver toccato cute e mucose, cibo, serrature, manopole, interruttori, telecomando, telefono cellulare, orologi, computer, scrivanie, TV, e quando si usa il bagno. Conservare le unghie corte. Si possono usare gel idroalcolici (60-85% di alcol) solo se le mani non sono visibilmente sporche (e vanno applicati su mani asciutte per poter fare effetto). Va anche ben idratata la pelle delle mani. Poi le altre norme igieniche: evitare di toccarsi occhi, naso e bocca; praticare igiene respiratoria tossendo o starnutendo in un gomito piegato o in un fazzoletto da smaltire immediatamente; mantenere la distanza di minimo 1 m tra gli individui; usare se serve i guanti, che però non sostituiscono la necessità di un’adeguata igiene delle mani; sanificare le superfici (dopo il lavaggio con acqua e detergente applicare disinfettanti quali ipoclorito di sodio, etanolo, perossido di idrogeno), con particolare attenzione a muri, porte e finestre, servizi igienici e sanitari; pulire anche cellulari, tastiere, telecomandi e joystick, almeno una volta al giorno con un panno morbido; arieggiare bene gli ambienti.
- Come accennava prima, c’è il problema della carenza di mascherine, quali si consigliano per il Covid?
I dispositivi di protezione individuale (DPI) per le vie respiratorie sono studiati per evitare o limitare l’ingresso nelle vie aeree di agenti potenzialmente pericolosi (fumi, polveri, fibre o microrganismi); comprendono maschere, occhiali, guanti, cuffie, camici impermeabili. Le maschere possono avere una duplice finalità: quelle chirurgiche servono a proteggere chi si ha di fronte dai propri germi, quelle Facciali Filtranti la Polvere (FFP), classificate in FFP1, FFP2 e FFP3, FFP4 in base al livello crescente di protezione, servono a proteggere gli operatori dai germi del paziente infetto (per il COVID-19 serve almeno FFP2). La mascherina chirurgica dovrebbe essere indossata in ogni visita, sia dal sanitario che dal paziente, mentre nelle situazioni a rischio di paziente COVID-19 positivo l’operatore sanitario deve proteggersi con la maschera filtrante. Poiché le maschere FPP non filtrano l’espirazione, e quindi non proteggono dal contagio gli altri se il medico è infetto, sarebbe consigliabile applicare una mascherina chirurgica al di fuori della valvola delle FPP. La validità di protezione di questi presidi non è garantita oltre le 4 ore o se si danneggiano.
- Ci sono novità per le terapie?
A parte la terapia di fondo (riposo a letto, trattamento sintomatico con paracetamolo per febbre/dolore e sedativi per la tosse, ricordando che la modalità di somministrazione via aerosol è sconsigliata per possibilità di diffusione del contagio e cortisonici e FANS non sono raccomandati) e il supporto tempestivo dell’insufficienza respiratoria con ossigenoterapia, nell’attesa dei vaccini (l’Oms sta seguendo 44 progetti indipendenti in tutto il mondo), si stanno sperimentando diversi tipi di farmaci: Clorochina e Idrossiclorochina, che, utilizzati da anni contro la malaria e come anti-reumatici, sarebbero efficaci per l’azione anti-virale e immunomodulante; Farmaci antivirali (Lopinavir/Ritonavir, Ribavirina, Umifenovir, Remdesivir, Favipiravir, Interferone-alfa; Anticorpi monoclonali come il Tocilizumab, già approvato contro l’artrite reumatoide, che inibisce il recettore della Interleuchina 6 (per questo il farmaco è anche usato in oncologia, per bloccare la sindrome da rilascio di citochine dopo una terapia con le cellule CAR-T); Plasma dei pazienti guariti con alti livelli di anticorpi; Enoxaparina sodica, un anticoagulante fra i più utilizzati per la prevenzione del tromboembolismo venoso.
- Per concludere, cosa potrà trarre il mondo da questa drammatica esperienza collettiva?
Molte cose, secondo me. A livello emotivo, a non dare nulla per scontato, a comprendere la caducità di tutto quanto consideriamo importante, a riconoscere la nostra vulnerabilità e piccolezza di esseri umani, ad avere rispetto e timore della Natura e della sua forza imponderabile e incontrollabile, da cui non c’è posto al mondo in cui ripararci o rifugiarci, ad empatizzare con gli altri perché di fronte alla malattia e alla morte siamo tutti drammaticamente esposti ed uguali. Dal punto di vista più strettamente sanitario, ci ha insegnato a non disinvestire sulla salute, come colpevolmente hanno fatto i governi per anni con i tagli alla sanità, ad aver cura del proprio corpo, dell’igiene e della salute, e rispetto del lavoro degli operatori della salute a tutti i livelli, perché, come hanno sempre ammonito gli antichi, se si perde la salute si è perso tutto.
Prima di lasciare i microfoni dello Strillo della penisola sorrentina, il dottore Alfaro ci comunica che a breve parteciperà ad una serie di lezioni, in sinergia con il professore Francesco Ardillo, docente di scienze del liceo“Publio Virgilio Marone”di Meta, diretto dalla prof.ssa Immacolata Arpino, che prontamente ha attivato la didattica a distanza. Sono state programmate lezioni, videoconferenze per spiegare agli studenti la realtà che stiamo vivendo: virus, sofferenza, quarantena, attraverso anche il supporto medico. Sono entusiasta di aver ricevuto questo invito, fa sempre piacere interagire con gli studenti e vivere anche da adulto la realtà della scuola, con queste parole ci saluta il dottore e invita la nostra testata giornalistica a seguire l’evoluzione della didattica a distanza.
Miriam Perfetto