“Chi è il più felice del reame?”, secondo romanzo dello scrittore Alberto Di Pinto (Terracina, 1981), pubblicato per le edizioni LÄ Dieresi, Roma 2017, sarà presentato domenica 29 settembre alle 17,00 nell’incantevole Chiostro di San Francesco a Sorrento da Carlo Alfaro, pediatra-adolescentologo, e Maria Grazia Aiello, psicologa-psicoterapeuta.
Le suggestioni eterne di questa costruzione unica dallo stile pregevole che mescola architettura trecentesca con altri di epoche più antiche e successive, teatro nella storia di Sorrento di eventi religiosi, amministrativi, politici, culturali, musicali e artistici, ben si prestano ad una presentazione ricca di fascino dove si parlerà di culto dell’immagine, ricerca della felicità, sensi di colpa che avvelenano la vita, soggettività dell’interpretazione della realtà e tanti altri spunti derivanti dalle molteplici tematiche offerte dal romanzo, e dalla mostra d’arte associata, a cura di Enrica Pagliaroli.
Il romanzo è un viaggio letterario in scenari magicamente dipinti dalla penna felice dell’autore, Bilbao, Sperlonga, Parigi, e al contempo un’indagine profonda tra sentimenti, emozioni, vissuti, storie, passioni. Scritto in maniera brillante, piacevole e scorrevole, con soluzioni stilistiche originali e intuizioni nello sviluppo della trama a volte geniali, il libro è la storia d’amore, intensa e disperata, di due anime perse, rese dannate dalle loro fragilità psichiche, due artisti, una fotografa d’arte e uno scrittore di bestseller, tormentati dai loro demoni interiori, per Aida, benchè bellissima, il percepire il proprio corpo come dismorfico, per Lorenzo il senso di colpa per aver causato la morte dell’amico fraterno in adolescenza. Il romanzo sembra identificare nell’Amore l’unica cura per i demoni della mente, ma non basta, laddove il destino, con le sue paradossali coincidenze, può far precipitare tutto in un istante. Tema centrale della narrazione, la ricerca della felicità, che risulta impossibile se non si raggiunge la piena accettazione di se stessi. Il continuo mutare della prospettiva di racconto, da un protagonista all’altro alla terza persona onnisciente, rende la lettura interessante e coinvolgente, consentendo la partecipazione al vissuto emotivo dei personaggi nei confronti degli accadimenti, che è diversa dall’uno all’altro in base a sensibilità e bagaglio di esperienze. Elemento simbolico portante del romanzo, lo specchio, metafora del confronto con l’interiorità. Il libro risulta decisamente originale, incuriosisce, appassiona, sorprende, diverte e soprattutto non è mai scontato, la storia avvince e non stanca, il finale inaspettato lascia a bocca aperta.
La narrazione apre interessanti spunti di riflessione su tematiche importanti come dismorfofobia, disturbi alimentari, bullismo. La dismorfofobia, o disturbo di dismorfismo corporeo, è un disturbo di tipo ossessivo-compulsivo, in cui la mente si fissa su uno o più difetti nell’aspetto fisico, totalmente immaginari, cioè percepiti come tali solo dal soggetto, oppure, se presenti, di grado di gran lunga inferiore alla preoccupazione che gli provocano, che generano pensieri ossessivi di disagio e inadeguatezza, connessi alla visione distorta della propria immagine corporea. Molti ritengono che anche il re del pop, Michael Jackson, potrebbe essere stato distrutto dalla non accettazione del proprio corpo. Il disturbo, che interesserebbe il 2,4% della popolazione generale, arriverebbe al 10-15% tra i pazienti dei dermatologi o che si sottopongono a chirurgia estetica. La condizione morbosa, che può colpire entrambi i sessi, si sviluppa con maggiore frequenza negli adolescenti, il che non sorprende date le fragilità implicite nelle trasformazioni dell’età puberale. L’iperinvestimento narcisistico sul corpo, nel tentativo di costruire la propria identità sull’immagine esteriore, è tipica dell’adolescente, alla spasmodica ricerca di un ideale di perfezione estetica, quale garanzia di accettazione da parte degli altri che lo aiuti a superare il senso di inadeguatezza fisica e la bassa autostima. Nel delicato passaggio dal corpo infantile a quello adulto, la dis-percezione del proprio corpo testimonia la disfunzionalità di questo momento della vita. Con la fine dell’adolescenza, la persona dovrebbe acquisire un senso di fiducia in se stessa tale da consentirle di relazionarsi armonicamente con gli altri, senza essere afflitto da complessi di inferiorità legati all’aspetto fisico, ma non sempre ciò accade. I Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA), o semplicemente Disturbi Alimentari (DA), comprendono un insieme di condizioni psicopatologiche che si esprimono attraverso condotte alimentari alterate, azione di controllo della funzione alimentare e del peso corporeo, disturbi dell’immagine corporea, dell’autostima, del pensiero e dell’affettività. Le tre categorie di DCA inquadrate nell’ultimo Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM V) dell’American Psychiatric Association sono: Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa, Disturbo da Alimentazione Incontrollata. Dal punto di vista funzionale, i DCA sono condizioni patologiche in cui il rapporto con il cibo, rifiutato o ingerito in quantità smodata, esprime un disagio psicologico profondo che ha a che vedere con un forte senso di inadeguatezza, insicurezza e incapacità di affrontare le difficoltà, compensato dalla sensazione di forza data dalla capacità di controllo della dieta e del corpo. Il nucleo psicopatologico comune di tutti i DCA è il pensiero ossessivo sul corpo e sul peso come oggetti su cui esercitare controllo. I DCA si scatenano soprattutto, e non a caso, in adolescenza. L’adolescente vive un turbinoso cambiamento dell’immagine del proprio corpo, che diventa oggetto della sua ossessiva attenzione. I DCA esprimono nell’adolescente il conflitto tra mente e corpo: il cibo diventa lo strumento per controllare il corpo e, attraverso il corpo, il mondo esterno. Il bullismo, dalla parola inglese “bullying” (to bull), che significa usare prepotenza, maltrattare, intimidire, intimorire, comprende un insieme di comportamenti ispirati a una modalità di interazione disfunzionale, antisociale, insidiosa e pervasiva, caratterizzata da un atteggiamento di prepotenza, prevaricazione, oppressione, vessazione, attuato da una o più persone (i bulli) nei confronti di un unico individuo, più debole, o percepito come tale (la vittima), con intenzionalità, persistenza nel tempo e asimmetria nella relazione (c’è squilibrio di forza e potere, tra chi compie l’azione, che è in una posizione preminente, per ragioni di età, di forza fisica, di genere o di potere psicologico, e chi la subisce, che è in una posizione di inferiorità che gli fa percepire impotenza a difendersi, lo fa sentire isolato, impaurito), con gravi conseguenze personali per i protagonisti e sociali per la comunità, a breve e lungo termine.
L’Arte sarà protagonista della serata, attraverso la perfomance e l’esposizione delle opere di Enrica Pagliaroli (moglie dello scrittore): la giovane artista (Fondi, 1987) ha selezionato alcune delle opere (fotografie e dipinti) che hanno ispirato il romanzo stesso e che evocano in maniera intensa disagi emotivi, sofferenza psichica, malessere interiore, rapporto conflittuale con il corpo, difficoltà di auto-accettazione. Alberto Di Pinto, laureato in Economia, è attualmente responsabile delle risorse umane in una nota azienda agroalimentare terracinese. Quattro anni fa il suo esordio letterario con il romanzo “Il Pesciolino che faceva la verticale” (sempre per LÄ Dieresi, Roma).
Non perdetevi questo appuntamento, che sarà anche l’occasione di confronto su argomenti che toccano tutti noi, l’essenza della nostra vita e minacciano la felicità e il futuro dei nostri ragazzi.
(Carlo Alfaro)