L’Istituto di Cultura Torquato Tasso, presieduto da Luciano Russo, in collaborazione con la la Fidapa Penisola sorrentina, presieduta da Maria Giovanna Maglio, ha accolto il 4 luglio 2019, nell’incantevole location dell’Hotel Continental nel cuore di Sorrento, la presentazione del romanzo storico GHENOPOLIS di Gennaro Castaldo, che affronta la questione meridionale immaginando di poter tornare con la macchina del tempo in epoca borbonica per cambiare storia e destino di Napoli. Per fare questo, l’autore ci accompagna nel regno dei Borbone a Napoli, con Carlo, Ferdinando I e Ferdinando II. Protagonista del libro, Antonio Marsia, fisico quantistico, che intraprende questi avventurosi viaggi nel tempo per risolvere un suo gravissimo problema di salute, aiutato nell’impresa da Aldo Mey, docente di Medicina Legale e grande esperto di storia meridionale.
“Ghenopolis”, chiarisce l’autore, meridionalista convinto, “è la Napoli che sarebbe diventata se avesse continuato a godere tutti i primati del passato disintegrati con l’Unità d’Italia, che portò i massacri, i roghi, le distruzioni di intere città, le deportazioni, le spoliazioni delle banche e l’annichilimento di qualsiasi iniziativa meridionale”. Il nome Ghenopolis, suggerito allo scrittore da un’amica docente di lettere antiche, vuole indicare l’evoluzione che avrebbe avuto la città se fosse rimasta capitale di un Regno indipendente e sovrano, dato che come è noto Napoli si è costituita da tre nuclei successivi, nel giro di circa tre secoli, Parthenope, Palepolis e Neapolis: il nome escogitato da Castaldo fa riferimento al verbo γίγνομαι (ghìghnomai), che significa trasformazione, prospettiva, rinascita. Una rinascita che l’autore auspica proprio partendo da una lettura revisionistica della storia, che, cambiando completamente prospettiva, rivaluta e magnifica il valore di Napoli e del Sud pre-Unità d’Italia. Tra personaggi inventati e storie documentate, il romanzo, che è già alla prima ristampa, si traduce in un avvincente saggio storico meridionalista rivestito da un’accattivante forma fantastica, con il dichiarato proposito di rendere giustizia alla memoria del popolo napoletano, con un notevole lavoro di recupero dei contesti storico-ambientali e uno smisurato amore per Napoli e la sua storia gloriosa. L’interesse per l’opera è accresciuto dal notevole talento narrativo dell’autore, dotato del raro dono di una scrittura armoniosa e coinvolgente. Il testo ha non a caso ricevuto il Premio Autore Golden Books Awards 2019, con la motivazione: “per la scrittura piacevole e ritmata, a tratti ironica, che caratterizza lo scrittore napoletano GENNARO CASTALDO. Ed è proprio Napoli che si sente in ogni pagina, che viene rievocata e messa nero su bianco con la sua vivacità tipica, mai sottotono. GHENOPOLIS è un romanzo complesso, con una trama ricca di intrecci, anche storici in cui, grazie al viaggio nel tempo, il moderno si scontra con l’antico per ricreare il futuro. L’antica Partenope, divenuta poi Napoli, si trasforma come da titolo in GHENOPOLIS, mostrandosi nuova, inedita, non più la stessa. Bella la descrizione del tutto in termini letterari, ottima esposizione complessiva da inizio a fine libro”.
L’autore, Odontoiatra e Osteopata, ha già all’attivo un romanzo, “I Custodi della Rivelazione”, che, pubblicato con lo pseudonimo Gene R. Seesign, ed edito da Eracle nel 2013, ha fatto incetta di premi. Suoi racconti sono stati inseriti in antologie. E’ inoltre autore di testi teatrali e musicali. Il fascino della storia di Napoli in cui Castaldo ci proietta in questo suo ultimo testo è immenso. Carlo di Borbone, nipote del re di Spagna, divenne re di Napoli e della Sicilia appena diciottenne, battendo gli Austriaci. Con lui Napoli divenne capitale di uno Stato indipendente. Carlo di Borbone fu un sovrano illuminato, che si circondava di intellettuali, artisti e uomini politici che portavano avanti le idee dell’Illuminismo. Durante il regno di Carlo, Napoli si arricchì dal punto di vista artistico e divenne una grandissima capitale europea, la più importante città in Italia, ambitissima meta del Gran Tour. Carlo si innamorò a prima vista della sua capitale e del suo popolo, che ricambiava quell’amore. Nel 1759 il trono di Spagna rimase improvvisamente vuoto per la morte dello zio e Carlo dovette occuparlo, a malincuore. Gli succedette il figlio, Ferdinando I di Borbone, il cui regno, durato quasi 66 anni, è uno dei più lunghi nella storia italiana e non solo. Passato agli annali di storia con i nomignoli datigli dai lazzari napoletani di Re Nasone (per l’aspetto) e Re Lazzarone (perchè si esprimeva in dialetto e senza alcuna considerazione per l’etichetta), salì al trono all’età di appena otto anni e mezzo, senza interesse per lo studio o la politica del regno. La moglie, sposata a 17 anni, per procura, Maria Carolina d’Asburgo, esercitava su di lui tale influenza da essere considerata “il vero re”. Dopo la breve e sfortunata esperienza della Repubblica napoletana, Ferdinando e Maria Carolina misero in atto violente persecuzioni dei patrioti repubblicani (l’atroce “Restaurazione”). Sconfitto di nuovo da Napoleone nel 1805, il re fu costretto all’esilio a Palermo per 10 anni, nel corso dei quali il trono del Regno di Napoli fu affidato prima a Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone, e poi al Maresciallo dell’Impero di Francia, Gioacchino Murat, fino a che nel 1816 il re Ferdinando tornò al trono del nuovo Regno delle Due Sicilie, come Ferdinando I delle Due Sicilie. Del re va ricordato l’impegno a favore della cultura e la fondazione della Real Colonia di San Leucio, per la produzione della seta, oggi patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. Ferdinando II di Borbone, chiamato anche Re Bomba (per il bombardamento di Messina contro l’insurrezione della città), salì al trono appena ventenne ed è ricordato per il suo dinamismo e il fattivo entusiasmo. Sotto il suo dominio, il Regno delle Due Sicilie conobbe una notevole crescita economica e una serie di riforme burocratiche e innovazioni in campo tecnologico. Fu inoltre molto vicino ai ceti popolari. Fu molto religioso, privilegiando l’istruzione cattolica. Alla sua morte, il Regno delle Due Sicilie passò al figlio Francesco II, che lo avrebbe perso in seguito alla Spedizione dei Mille e l’intervento piemontese.
La presentazione del libro, organizzata e moderata da Carlo Alfaro, con la media partnership di Mda set comunications di Lina e Michele De Angelis, si è avvalsa dell’introduzione di Elisabetta Roberta Rubertelli del direttivo dell’Istituto Tasso e della presidente Fidapa Penisola sorrentina Maria Giovanna Maglio, con l’appassionata relazione di Monica Balsamo. L’incontro ha fatto da spunto per un vivace dibattito su quando è nata la questione meridionale, cioè se la situazione di disparità economica e sociale del Mezzogiorno in confronto alle altre Regioni dell’Italia fosse già presente al momento dell’Unità d’Italia, o l’impoverimento del Sud sia stato dovuto alle politiche perseguite dal nuovo Stato unitario. La nuova visione storica abbracciata da Castaldo vede il brigantaggio come una reazione di difesa del popolo meridionale, oppresso dalla fame, sconvolto dall’aumento delle tasse, disperato per l’incremento dei prezzi sui beni primari, costretto alla leva obbligatoria, insomma una reazione all’atteggiamento colonizzatore del Nord e alla politica protezionistica adottata dallo Stato a favore dell’esclusivo monopolio economico del Nord sul mercato italiano. Castaldo rinforza la tesi, sulla base di studi documentati, che, prima dello sbarco dei Mille, nel Regno delle due Sicilie fosse in atto un vero e proprio miracolo economico, con un proficuo e significativo processo di industrializzazione, e il triangolo industriale “Torino-Milano-Genova” si sia sviluppato economicamente sottraendo risorse al Meridione.
Molto interessanti i contributi alla discussione dl pubblico attento e partecipe, tra cui gli interventi di Luciano Russo, Rosanna Rivas, Aniello Clemente, Andrea Russo, Francesco Sabbatino. In particolare, Aniello Clemente ha ricordato che: “A Napoli non si conosceva la parola ‘emigrante’. Quella delle due Sicilie fu la prima nazione ad esportare in Russia, instaurando anche solidi rapporti commerciali con l’America. Gli armatori De Pace, con le loro navi, collegavano l’Europa con il Nuovo Mondo e i Florio avevano iniziato la loro scalata industriale e commerciale. Fu nel Regno delle due Sicilie, il 3 ottobre 1831, a essere inaugurata la prima ferrovia in Italia, la Napoli-Portici. Una riuscita iniziativa industriale, impregnata di socialismo, fu la colonia di San Leucio, nei pressi di Caserta, chiamata Ferdinandopoli in onore del penultimo re borbonico che ne fu il fondatore. La ‘Città del Sole’ di Tommaso Campanella non era più una utopia; una città socialista in cui gli operai, con pari diritti e doveri, autogestivano il proprio lavoro, producendo seta con tecniche avanzatissime. Quando, dopo l’Unità d’Italia, nel 1866, fu nazionalizzata, Ferdinandopoli cadde in disgrazia, fallì e fu chiusa, dimenticando che vi era stata la prima assegnazione di ‘Case popolari’ e la prima assistenza sanitaria gratuita. Prima dell’annessione, il Regno del Sud, nel settore dell’industria, contava 2 milioni di occupati a fronte dei 400.000 della Lombardia. Nel 1735 fu istituita la prima cattedra di Astronomia in Italia e due anni dopo la costruzione del S. Carlo, il più antico teatro al mondo ancora in attività. Nel 1818 fu varata la “Ferdinando I” la prima nave a vapore nel Mediterraneo. L’Osservatorio Astronomico fu istituito nel 1819, sul Garigliano fu costruito il primo ponte sospeso in ferro nel 1832, nel 1839 fu inaugurata la prima ferrovia italiana nel tratto Napoli-Portici, nel 1839 si instaurò a Napoli l’illuminazione a gas, terza dopo Parigi e Londra, nel 1852 il primo telegrafo elettrico in Italia e a Capodimonte vi fu il primo esperimento di illuminazione elettrica. Al Sud vi era la prima flotta mercantile e militare d’Italia e tanto altro si potrebbe elencare ma vorrei ricordare che si era grandi anche perché si pensava ai poveri, agli ultimi. Nel 1763 fu creato il primo cimitero italiano per poveri. Nel 1835 fu ideato il primo Istituto italiano per sordomuti. Nel 1843 fu pubblicato il primo periodico psichiatrico italiano, pubblicato al Reale Morotrofio di Aversa. Nel 1853 fu ideata la prima applicazione dei principi della Scuola Positiva Penale per il recupero dei malviventi. Nel 1860 il Regno di Napoli era il primo tra gli Stati italiani per numero di orfanatrofi, ospizi, collegi, conservatori e strutture di assistenza e formazione e vi era la più bassa mortalità infantile d’Italia; la più alta percentuale di medici per numero di abitanti in Italia; aveva il primo Corpo dei Pompieri. Ma era anche il primo Stato italiano per quantità di Lire-oro conservata nei Banchi Nazionali”. Ha commentato in chiusura la neo-presidente dell’associazione ‘Le Amiche del Museo Correale’, Margherita Liccardi: “Un pomeriggio interessantissimo che ci ha informati ed emozionati, riempiendoci di entusiasmo verso la nostra appartenenza storica”.
Testo: Carlo Alfaro
Foto: Mda set comunications di Lina e Michele De Angelis