La testimonianza- censura del prof. Nello Clemente sul rispetto per le persone scomparse, ci fa capire quanto sia caduto in basso, oltre i limiti della decenza umana, peraltro già infangato da falsi profili, il confronto democratico su diversi punti di vista, a più voci.
Personaggi squallidi, fino a ieri ai margini della società, la cosiddetta “corte dei miracoli” sorrentina, sta superando se stessa oltrepassando i limiti della decenza umana
Per i cialtroni privi di coscienza civile e religiosa ci limitiamo ad invocare il “damnatio memoriae” ( nell’antica Roma si usava cancellare ogni ricordo, ritratto, sembianza umana di coloro colpiti da tale decreto), in attesa di interventi dall’Alto.
– È da un po’ che volendo colpire un avversario qualcuno offende coloro che non possono più difendersi: “Pascitur in vivis livor, post fata quiescit” (il livore si alimenta tra i vivi, dopo la morte si placa) dice Ovidio negli “Amores”, forse mutuata dal detto greco: “Τεθνηκότα μή κακολογείν, tethnekóta, me kakologéin” (non parlare male di un morto).
Non parlare male dei morti è un concetto che appartiene a tutta la cultura meridionale, greco-romana. Già nel XXIII libro dell’Odissea Ulisse rimprova la nutrice Euriclea che gioisce per la strage dei Proci: “Non è bene gioire di uomini uccisi!”.
Più pertinente al nostro caso è Solone, il grande legislatore ateniese che prescriveva di non parlare male di un defunto, neppure se insultati dai suoi figli.
Chi sta nel mondo della Verità non deve essere sbeffeggiato, ce lo ricordano i sette Savi di Grecia, tra le cui sentenze si legge: “επί νεκρώ μή γέλα epì nekrò me ghela” (non ridere di un morto).
Virgilio nell’Iliade sentenzia: “parce sepulto” (perdona a chi è sepolto). Sono espressioni che si riscontrano in quasi tutte le culture, una per tutte: “al morto non si deve fare torto”.
Il rispetto per i defunti indica il grado di civiltà e di cultura di una persona.
Credo che chi offende un defunto non capisce che il non farlo gioverà anche a lui, di qualsiasi misfatto si fosse macchiato, perché, è bene ricordarlo: “La morte merita rispetto, rispetto e silenzio… per chiunque!”. (Aniello Clemente, teologo, giornalista, scrittore).
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