MASSA LUBRENSE: DON FRANCESCO SAVERIO CASA RICORDA IL VENTICINQUESIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DEL PARROCO DON COSTANZO CERROTTA

MASSA LUBRENSE: DON FRANCESCO SAVERIO CASA RICORDA IL VENTICINQUESIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DEL PARROCO DON COSTANZO CERROTTA

MASSA LUBRENSE: DON FRANCESCO SAVERIO CASA RICORDA IL VENTICINQUESIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DEL PARROCO DON COSTANZO CERROTTA

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Siamo grati, come al solito, a don Francesco Saverio Casa per il “ricordo”, per molti di noi che l’abbiamo conosciuto, nostalgico e commosso, di una figura straodinaria di parroco del “futuro”,  don Costanzo Cerrotta.
Di origini capresi, per ben sedici anni parroco della Chiesa Antica Cattedrale Santa Maria delle Grazie di Massa lubrense, già cappellano militare, seppe interpretare i mutamenti della chiesa  con largo anticipo, spogliandola da vecchi concetti popolari trasmettendo il “nuovo” con profonda fede ed obbedienza.

Il venticinquesimo della morte di Don Costanzo Cerrotta, ci riporta non ad un tempo nostalgico per quella che fu la Chiesa di ieri con i suoi leviti, bensì, ci riconsegna l’ascolto del “cuore” capace di essere grembo dove si raccoglie la vita di Dio con gli uomini in armonico equilibrio.


Un cuore che vede, un cuore attento, un cuore generativo.

Mi viene fin da subito considerare: ci può essere una “disciplina” del cuore, ripensando al carattere ferreo, volitivo, coraggioso, chiaro e coerente di un sacerdote formato e votato alla disciplina militare? Si.


E soprattutto per un ministro della Chiesa, tale disciplina equivaleva ed equivale, ogni giorno, ad essere discepolo per imparare le cose di Dio.


Don Costanzo leggeva la storia con una visione profetica, non prevedeva fantasmagoriche novità ecclesiali per contraddire e rifiutare il senso della fede di un popolo che va costantemente amato, educato, condotto sotto la guida dell’unico Pastore.


Presentare Don Costanzo sotto il profilo dell’ “aggiornamento epocale”, significherebbe ridurre lo spessore altamente spirituale ed intellettuale di un sacerdote tutto e solo fuori dal tempo, tutto e solo fuori dagli schemi, tutto è solo ultramodernista, quasi profeta-vate di un mondo e di una Chiesa nuovi posti di contro a schemi ed impalcature decadenti o logore,
vuoi ecclesiali che sociali.


Ebbi la gioia di conoscerlo negli anni ottanta, quando mi veniva chiesto di andare alla Marina Piccola di Sorrento attendendo la sua venuta con l’aliscafo da Capri, per poi condurlo dalle Suore Carmelitane Scalze di Massa Lubrense, nel mese di luglio, per la Festa della Madonna
del Carmine.


Li teneva il pergamo con una chiarezza espositiva, sintetica, penetrante del mistero e della Sacra Scrittura.


Leggeva altresì Don Costanzo nell’obbedienza la sua storia di fede, anche nel ritorno sull’isola di Capri dopo ben sedici anni che lo videro parroco dell’ Ex Cattedrale di Massa Lubrense.


Mi piace pensare a Don Costanzo Cerrotta come un uomo e un sacerdote dal cuore attenzionato, pronto, sveglio, in prima linea, al passo non solo dei commilitoni ma anche al passo dei tempi, con atti di liberazione verso l’uomo, il cristiano, il credente e il non credente, e mai con atti di accusa.

Il suo essere pastore e omileta lo derivava dal sapere che si vive la liberazione nella parola, non la condanna nella parola.


Le sue sferzanti espressioni nel constatare durante gli anni 50 e 60, una religiosità condotta da baciasanti e bigotti, gli procuravano non pochi fastidi, rifiuti e incomprensioni: davvero una parabola del ramo di mandorlo il quale pronto a fiorire in primavera, è anche
maggiormente esposto alla morte di glaciate improvvise.


Quei tempi della storia, mentre sembrano mutare, celano in fondo la medesima domanda esistenziale: perché amare?
Sant’ Agostino ha detto: Volo ut sis. Voglio che tu sia.


Nel libro del profeta Geremia è scritto quanto il Signore stesso farà: “Vi darò pastori secondo il mio cuore, con scienza e intelligenza vi guideranno a me”.


Non posso tacere che la sintesi di questo messaggio del Vescovo di Tagaste, fu l’ulteriore conferma della spinta decisiva anche attraverso la voce di Don Costanzo che arrivò nella mia vita di ventenne, e alle porte ormai quasi spalancate del Seminario di Posillipo per intraprendere gli studi filosofici e teologici previ alle Ordinazioni Diaconale e Presbiterale.


Il 12 novembre 1997, da Diacono, partecipai alle sue esequie sull’isola di Capri, per l’ultimo atto di ringraziamento al parroco cappellano militare.


Gli avevo già fatto visita in privato, un anno prima della sua morte, per confidargli il mio bene e porre il mio cuore accanto al suo.

Gaetano Milone

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