( a cura del Presidente, Luciano Russo)
SORRENTO COMMEMORA DUE GRANDI ARTISTI.
UNA RIFLESSIONE SULL’ITALIANITA’
Notizie ci giungono da Sorrento. A me sembrano belle e luminose come il Sole.
Il Comune sorrentino ha deciso di dedicare a Lucio Dalla una serie di eventi che andranno avanti un mese intero. Il cantautore bolognese non ha reso forse omaggio alla città con una canzone stupenda, divenuta famosa in tutto il mondo?
La notizia mi ha fatto ripensare a certi versi di Thomas Traherne, poeta inglese del ‘600, che scrive: “News from a foreign country came, / as if my treasures and my joys lay there…” La bella terra delle Sirene se ne sta laggiù, nel paese del Sole, ma è come se la guerra la tenesse lontana da noi, come se le indimenticabili parole delle canzoni napoletane, tesori di gioiosa bellezza, si fossero trasformate in “a foreign country”, in “un paese straniero.”
E tuttavia, dal 4 marzo fino ai primi giorni di aprile, Sorrento festeggerà due grandi artisti, curiosamente riuniti, così, insieme: il bolognese Dalla e il sorrentino Torquato Tasso. Tra loro ci corrono quasi 400 anni: il primo è nato il 4 marzo 1943, il secondo l’11marzo del 1544.
“Chist’è ‘o paese d’ ‘o sole,” dice una canzone famosa. (Ma lo dicono un po’ tutte le canzoni napoletane.) E una cosa che non tutti lo sanno è che la più famosa, “O sole mio”, pare che sia nata …. a Odessa! La bella città dell’Ucraina, la quale è sotto assedio e ci piovono bombe che uccidono persone. “O sole mio”è quasi un altro inno nazionale, ed è la canzone più conosciuta nel mondo.
Ma non basta. A fondare Odessa fu un ammiraglio napoletano di origine spagnola, Josè de Ribas y Boyons. Nel 1794, durante il suo viaggio in Russia, egli prese parte alla guerra turco-russa (1768-1774), e si trovò a collaborare con personaggi prestigiosi come il principe Potemkin e l’ammiraglio statunitense John Paul Jones. Fu de Ribas che, occupato il villaggio di Khadjibey, suggerì all’imperatrice Caterina la Grande di trasformarlo in un porto strategico: Odessa. Insomma la quarta città più popolosa dell’Ucraina (dopo Kiev, Charkiv e Dnipro) è strettamente legata all’Italia. E il suo simbolo, la famosa scalinata Potemkin, fu costruita da un altro italiano: l’architetto sardo Francesco Boffo.
Torniamo a “‘O sole mio.” Il celebre compositore Eduardo Di Capua, si racconta, fu accolto trionfalmente durante la sua tournée del 1897. Lo costrinsero a restare a Odessa per ben tre mesi. E sembra che avesse con sé il testo del poeta Giovanni Capurro che probabilmente fu da lui musicato proprio allora.
Non si smette di stupirci conoscendo la capacità meravigliosa che ha l’arte italiana di generare bellezza in qualsiasi campo. In Italia come in altri paesi. Altre culture europee hanno spesso distrutto, umiliato, sottomesso, sconvolto. L’Italia (nonostante i difetti che noi abbiamo) ha saputo alimentare un’arte che con la sua bellezza ha aiutato più d’uno a trovare la propria strada, a realizzare se stesso. L’arte italiana non ‘colonializza’, aiuta a sbocciare. E se Dante avesse pensato proprio all’Italia e al suo destino, quando scrisse: “Facesti come quei che va di notte, / che porta il lume dietro e sé non giova, / ma dopo sé fa le persone dotte.”
Il Comune di Sorrento riserva dunque a Lucio Dalla un mese intero di festeggiamenti: passeggiate culturali, escursioni, spettacoli (cinema e teatro), uscite in kayak e canoa ecc ecc. L’Istituto di Cultura “Torquato Tasso” ha invece organizzato un convegno che si terrà nella Sala Consiliare del Comune di Sorrento venerdì 11 marzo alle ore 10,30. Affronteranno il tema “Torquato Tasso e il teatro” quattro importanti docenti universitari: Davide Colussi, Elisabetta Selmi, Antonio Sorella e Nuccio Ordine.
Ma due artisti come Torquato Tasso e Lucio Dalla, mi chiedo, che cosa hanno in comune? Credo che in comune abbiano parecchio. Soprattutto quella che amo chiamare “italianità.” Vale a dire un’attitudine schietta, generosa, sincera alla ricerca di quel ‘vero’ che il Potere, alimentando pregiudizi di tipo religioso, ideologico, politico…, allontana dalla nostra portata. Sì, c’è bisogno di impossessarci, finalmente, di un’italianità che sia più sincera, più autentica, più nostra.