Ieri, profeticamente, è passato in TV “Febbre da cavallo”. Il film, del 1976, lo avevo visto –ero all’ultimo anno di liceo –al Politeama. Lo trovai, pur nella supponenza dei diciottenni, addirittura da tre stelle. In realtà, ma non me lo sarei mai confessato, era “bellissimo”, “assolutamente da vedere”, secondo le definizioni, tuttora in uso,della critica giornalistica. Infatti, all’inizio, passò quasi del tutto inosservato tra il pubblico –la sala era decisamente deserta per i parametri dell’epoca –e la critica lo stroncò come un “filmetto”. Ma nel 1976, l’ideologia al potere non aveva quella sensibilità che ci permette di “abitare lo spazio”, anche quello mentale, in ogni angolo.Tralascio la citazione dei tanti nomi, anche equini, che ormai appartengono alla nomenclatura sentimentale, nel cuore di molti.Una sola scena voglio ricordare, quella della mandrakatadella schedina alterata. E per una vicenda personale.Qualche anno dopo ho lavorato, come avventizio, alla sede di Corso di Porta Vigentina, a Milano, alla verifica delle schedine Totip eTotocalcio, la domenica mattina. Erano gli anni delle striscette da attaccare in ricevitoria, dei borderò da consegnare, delle verifiche oculari; e delle “farfalle”, termine gergale che definiva le schedine sottratte dal mazzo da controllare per monitorare l’attenzione e la perizia dello scrutinatore, anche ai fini di un suo allontanamento. Ebbene, non c’è mai stata domenica, nella quale durante la “conta” per verificare l’esatta successione dei numeridi serie, non abbia ripensato a quella scena e di come potesse essere semplice ingannare noi che eravamo lì all’alba di ogni domenica e, con noi,tutto il sistema.L’altro ricordo personale è legato ai primi anni di insegnante al liceo di Torre. Improvvisamente, un giorno –quasi vent’anni dopo l’uscita del film -partì, in classe un galoppo simulato, scandito dallo “scalpiccio” delle mani sui banchi da parte dei soliti adorabili sciamannati, a richiamare l’ansimante galoppo vocale, colonna sonora del film.Quando riconobbi il ritmo e ne citai la provenienza ebbi un tributo di riconoscimento, quale docente, come mai sino ad allora mi era accaduto di ricevere.Indimenticabili quegli anni e loro,i ragazzi divenuti padri,come i loro nomi:Raffaele Pierro.Gianluca Cassese, Michele Oliviero, Lello Iovino, Francesco Marullo,Gianluca Germano.
In quel film Gigi Proietti era il protagonista. Adesso molti ricorderanno la singolarità dell’essere nato e morto nello stesso giorno. Quello dei morti. La verità èche ci sono morti che restano vivi per sempre e vivi che non moriranno mai. Se non con noi stessi. E solo per noi.