16 Giugno 2020
Notte prima degli esami. Una canzone celebre. Di quelle che attraversano le generazioni facendone un’unica stagione dell’esistenza umana. Ci riescono perché richiamano un evento, un’esperienza, un sentimento che appartengono a tutti. In tempi diversi, distanti, a volte, persino simultanei, eppure per ognuno differenti, singolari. Del tutto, assolutamente propri.
Sì, vero, c’è anche un film. Ma lì ci sono gli attori, la realtà delle cose che accadono, o che vengono raccontate, che a cinema è la stessa cosa. I testi delle canzoni, la musica, invece, aspettano i nostri di volti, le storie che sono accadute o che devono accadere. I nostri ricordi, come le nostre ansie.
La stessa canzone per tutti che ognuno riempie della propria anima. Come di quella di compagni così importanti un tempo e di cui, magari, non si hanno – non si avranno – più notizie per anni. Eppure nella notte prima degli esami eravamo, siamo stati, siete un’unica comunità. Un’unica classe. Classe. Chissà chi ha coniato questo termine per definire un gruppo di studenti che condividono uno spazio. Certo classe significa “chiamata”, “radunata” che sembrano far riferimento all’appello e allo stare insieme, pratiche proprie della scuola. Ma nei classici latini “classis” era esclusivamente la flotta, un insieme di navi. Perciò mi piace pensare che chi lo ha usato ne avvertisse la simiglianza, pensasse a questo o, meglio, a voi studenti come ad una nave, una barca “che anela al mare eppure lo teme” (il salutare soccorso della poesia quando è veramente tale!).
Una barca destinata a navigare. Nel mare del futuro? Ma certo! Non ne esistono altri. La scia bianca che si lascia nell’acqua attraversata non è banalmente il tempo passato ma il solco schiumoso di aria e acqua che si ricompone nel mare che, richiudendosi ridiventa di tutti e che aspetta altre navi, altre “classi”, altre rotte.
Per tutti quelli che ci sono passati, l’esame è un ricordo che non si annulla. E tutti pensano che il proprio sia stato assolutamente unico. Tutti. Ma, forse, per quest’anno è ancora più vero. Eh, sì! Pensateci! Siete gli unici per i quali c’è stata – e speriamo ci sarà – una sola notte prima degli esami. Non quella prima della prima prova o della seconda o, fin quando c’è stata, della terza prova o del colloquio. Quella dell’orale comune a noi tutti, da sempre. Avete un privilegio che non sapevate di avere. Per voi non ci sono dubbi. Esiste una sola notte prima degli esami.
Ma il vero privilegio è un altro. Quanto accaduto aiuta a comprenderlo.
Ognuno ha il suo esame ed è unico, e quest’anno – si diceva – è ancor più unico.
Ma, attenzione, è corretto dire “ancor più?” Non ci viene il dubbio che tutto ciò
che accade, e solo perché accade, è unico? E che diventa ancor più unico solo
perché accade a ciascuno di noi?
Allora non è più giusto pensare che la vera unicità stia nel fatto che nulla avrebbe
senso se non fossimo parte di una comunità, la stessa che ci fa stare insieme, su
uno schermo, con una mascherina o nascosti in una qualsiasi parte della mente,
nella forma del pensiero di un attimo, di un lampo di figura, di una eco di voce
lontana.
La geografia di ogni individuo ha terre ignote a tutti, ma anche spazi inesplorati
persino da noi stessi. E tali resterebbero senza l’aiuto degli altri nel predisporci a
vederli, a sentirli. Non dico a capire. Capire è il limite estremo che è dato all’uomo
di toccare, ma sempre come istantanea percezione, che se ci si ferma a registrarla
svanisce. Una sensazione che qualcuno ha descritto come “essere al centro di
quella sfera senza centro che è la felicità”.
Vi auguro che nella vostra sfera ci sia spazio per questa condizione o, quanto
meno, per la serenità. Quella che ci fa vivere meglio e accettare le ingiustizie – e
sono tante -, la complessità della grande storia, come del volo di un insetto, la
necessità del dolore, ma che ci fa anche ricercare la gioia e la bellezza. Soprattutto
quando tutto intorno – come fino a poco fa è stato – sembra dirci altro.
Ecco, una vita serena e un buon ricordo comune. Questo vi auguro.
Quanto alla notte, anche qui ci viene in soccorso la poesia. “E’ il percorso
necessario per arrivare all’alba”. Per dirci che tutto è necessario e indispensabile.
E quello che appare terribile con le palpebre abbassate, nel buio denso, diventa
il motivo di vita del giorno che si apre alla luce degli occhi.
Che sia felice la vostra alba e serena la notte che, ad intervalli, la interrompe, ma
sempre e solo per prepararla. E rinnovarla. Ogni volta.
A partire da questa. La notte prima degli esami.
Felicio Izzo
Notte prima degli esami. Una canzone celebre. Di quelle che attraversano le generazioni facendone un’unica stagione dell’esistenza umana. Ci riescono perché richiamano un evento, un’esperienza, un sentimento che appartengono a tutti. In tempi diversi, distanti, a volte, persino simultanei, eppure per ognuno differenti, singolari. Del tutto, assolutamente propri.
Sì, vero, c’è anche un film. Ma lì ci sono gli attori, la realtà delle cose che accadono, o che vengono raccontate, che a cinema è la stessa cosa. I testi delle canzoni, la musica, invece, aspettano i nostri di volti, le storie che sono accadute o che devono accadere. I nostri ricordi, come le nostre ansie.
La stessa canzone per tutti che ognuno riempie della propria anima. Come di quella di compagni così importanti un tempo e di cui, magari, non si hanno – non si avranno – più notizie per anni. Eppure nella notte prima degli esami eravamo, siamo stati, siete un’unica comunità. Un’unica classe. Classe. Chissà chi ha coniato questo termine per definire un gruppo di studenti che condividono uno spazio. Certo classe significa “chiamata”, “radunata” che sembrano far riferimento all’appello e allo stare insieme, pratiche proprie della scuola. Ma nei classici latini “classis” era esclusivamente la flotta, un insieme di navi. Perciò mi piace pensare che chi lo ha usato ne avvertisse la simiglianza, pensasse a questo o, meglio, a voi studenti come ad una nave, una barca “che anela al mare eppure lo teme” (il salutare soccorso della poesia quando è veramente tale!).
Una barca destinata a navigare. Nel mare del futuro? Ma certo! Non ne esistono altri. La scia bianca che si lascia nell’acqua attraversata non è banalmente il tempo passato ma il solco schiumoso di aria e acqua che si ricompone nel mare che, richiudendosi ridiventa di tutti e che aspetta altre navi, altre “classi”, altre rotte.
Per tutti quelli che ci sono passati, l’esame è un ricordo che non si annulla. E tutti pensano che il proprio sia stato assolutamente unico. Tutti. Ma, forse, per quest’anno è ancora più vero. Eh, sì! Pensateci! Siete gli unici per i quali c’è stata – e speriamo ci sarà – una sola notte prima degli esami. Non quella prima della prima prova o della seconda o, fin quando c’è stata, della terza prova o del colloquio. Quella dell’orale comune a noi tutti, da sempre. Avete un privilegio che non sapevate di avere. Per voi non ci sono dubbi. Esiste una sola notte prima degli esami.
Ma il vero privilegio è un altro. Quanto accaduto aiuta a comprenderlo.
Ognuno ha il suo esame ed è unico, e quest’anno – si diceva – è ancor più unico.
Ma, attenzione, è corretto dire “ancor più?” Non ci viene il dubbio che tutto ciò
che accade, e solo perché accade, è unico? E che diventa ancor più unico solo
perché accade a ciascuno di noi?
Allora non è più giusto pensare che la vera unicità stia nel fatto che nulla avrebbe
senso se non fossimo parte di una comunità, la stessa che ci fa stare insieme, su
uno schermo, con una mascherina o nascosti in una qualsiasi parte della mente,
nella forma del pensiero di un attimo, di un lampo di figura, di una eco di voce
lontana.
La geografia di ogni individuo ha terre ignote a tutti, ma anche spazi inesplorati
persino da noi stessi. E tali resterebbero senza l’aiuto degli altri nel predisporci a
vederli, a sentirli. Non dico a capire. Capire è il limite estremo che è dato all’uomo
di toccare, ma sempre come istantanea percezione, che se ci si ferma a registrarla
svanisce. Una sensazione che qualcuno ha descritto come “essere al centro di
quella sfera senza centro che è la felicità”.
Vi auguro che nella vostra sfera ci sia spazio per questa condizione o, quanto
meno, per la serenità. Quella che ci fa vivere meglio e accettare le ingiustizie – e
sono tante -, la complessità della grande storia, come del volo di un insetto, la
necessità del dolore, ma che ci fa anche ricercare la gioia e la bellezza. Soprattutto
quando tutto intorno – come fino a poco fa è stato – sembra dirci altro.
Ecco, una vita serena e un buon ricordo comune. Questo vi auguro.
Quanto alla notte, anche qui ci viene in soccorso la poesia. “E’ il percorso
necessario per arrivare all’alba”. Per dirci che tutto è necessario e indispensabile.
E quello che appare terribile con le palpebre abbassate, nel buio denso, diventa
il motivo di vita del giorno che si apre alla luce degli occhi.
Che sia felice la vostra alba e serena la notte che, ad intervalli, la interrompe, ma
sempre e solo per prepararla. E rinnovarla. Ogni volta.
A partire da questa. La notte prima degli esami.
Felicio Izzo