Quasi all’indomani della morte del Principe, cominciò a diffondersi un modo di dire, un’occasione di dialogo scherzoso e surreale, bonariamente derisorio, quasi paternalistico, forse proprio in suo omaggio. Si chiedeva ad una persona – spesso un giovane, un ragazzo – quanti anni avesse. Poi, a sottolineare la futilità del suo tempo vissuto, l’inutile scialo degli anni trascorsi, incapaci di assicurare un futuro fruttuoso, si affermava “Li potevi dare a Totò!”. Per garantire – questa era la giustificazione – ancora qualche risata, qualche momento di gioia. Erano gli anni in cui la comunicazione – senza internet e cellulari – avveniva così.
Come pure per creare timore e panico nei bambini – e sempre per ridere – li si accusava, con la faccia feroce, di avere “appicciato” (incendiato) la fontana. Adesso non sarebbe più possibile. Non perché oggettivamente manchino le condizioni per dare fuoco ad un dispositivo che eroga acqua – in verità mancavano anche allora – ma perché, adesso, in strada, di fontane, non ce ne sono più. Un po’ come le lucciole di Pasolini.
Pasolini. Il primo dei grandi a comprendere la grandezza del Principe. Il primo, ma solo dei “grandi”, la gente comune lo aveva sempre saputo.
È proprio il caso di dire che no, non è vero che sono 53 anni senza Principe. Ogni giorno, basta farsi un giro dei canali per trovarlo in TV. E senza scomodare la memoria o il sentimento.
Ma nemmeno senza principi. Non del tutto, almeno. Certo, forse sono pochi, anzi, pochissimi. E decisamente confusi. Eppure mai come ora, colmi di speranza e di buoni propositi..
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