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L'ULTIMO SALUTO A PASQUALE FERRAIUOLO - WEB GIORNALE INDIPENDENTE

L’ULTIMO SALUTO A PASQUALE FERRAIUOLO

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Nella notte tra mercoledì e giovedì, si è spento Pasquale Ferraiuolo, dopo una lunga malattia che ormai da qualche anno lo aveva imprigionato nella sua casa del centro storico di Sorrento. Socio Fondatore del Centro Capasso e appassionato confratello del sodalizio dei Servi di Maria, “Pasqualino” ha influenzato a lungo la vita culturale sorrentina, con i suoi interessanti scritti dedicati alla storia religiosa, all’arte sacra e alle confraternite sorrentine. Già dal 1974, con la pubblicazione del volume “Chiese e Monasteri di Sorrento”, Pasquale colmò un vuoto nella pubblicistica locale: basterebbe contare il numero di citazioni che l’opera, edita e “prodotta” nell’ambito della Confraternita dei Servi di Maria, ha macinato nel corso degli anni per comprenderne appieno il valore. A metà tra una storia religiosa di Sorrento e una storia dell’arte sacra locale, “Chiese e Monasteri di Sorrento” lanciò Pasquale nell’agone della storia locale, in un momento di grande fermento culturale. Dal 1974 in poi fu un crescendo di pubblicazioni e di collaborazioni: oltre agli scritti apparsi sulla stampa locale (da sempre “vorace” di notizie e fatti della storia sorrentina, meglio se religiosa), “Pasqualino” diede alle stampe prima un testo dedicato alla “Processione del Venerdì Santo a Sorrento” (1977) e in seguito un agile opuscolo dal titolo “La Confraternita di San Catello a Sorrento” (1986), dedicato alle vicende della cosiddetta confraternita della morte, attiva sin dal’500 a Sorrento con lo scopo di raggruppare nobili e “popolani” intorno al culto del vescovo Catello e per occuparsi della degna sepoltura di poveri, indigenti e condannati a morte. Seguì a questi volumetti un’intensa e prolifica attività, che si dipanò soprattutto nei primi anni ’90: alle pubblicazioni redatte “a quattro mani” con l’avvocato Antonino Cuomo (“La Cattedrale di Sorrento” nel 1992 e “La Congregazione dei Servi di Maria” nel 1995) e con l’amato zio monsignor Gaetano Jaccarino (“Il Presepe della Basilica di Sant’Antonino a Sorrento”, 1990), si affiancò forse il capolavoro di Pasquale Ferraiulo, cioè il volume dedicato ai vescovi della diocesi sorrentina (in gergo cronotassi) dal titolo “La Chiesa Sorrentina e i suoi Pastori”. Un lungo, articolato “atto d’amore” per la Chiesa Sorrentina, sempre amata e studiata con rigore da un punto di vista privilegiato. Nel volume spiccavano come “gemme” le vite dei pastori sorrentini, raccontate con dovizia di particolari e su basi documentarie solide. Come scrisse Vincenzo Russo nella prefazione al testo Pasquale “si accosta alle vicende della comunità religiosa locale, volgendo lo sguardo alla vita e alle opere dei suoi pastori” cercando di incrementare un patrimonio di conoscenze “nella speranza che la storia della diocesi di Sorrento […] sia conosciuta più ampiamente, e che i risultati raggiunti possano essere da stimolo per ulteriori approfondimenti e nuovi contributi”. E questi “nuovi contributi”, negli anni seguenti, non mancarono di allungare la bibliografia dedicata all’amata “Sorrento Sacra”: tra i lavori sulle “Confraternite Laicali” e quelli dedicati alla “Processione del Venerdì Santo a Sorrento”, Pasquale continuò la sua opera di approfondimento della storia confraternale, culminata nel 1995 con la pubblicazione di un testo agile ma ricco di notizie e spunti, “La Venerabile Arciconfraternita Sorrentina del SS. Rosario”. In seguito “Pasqualino” entrò in una sorta di “letargo scrittorio”, destandosi solo nel 2007 quando, “furente”, diede alle stampe un testo quasi introvabile dal criptico titolo: “Veritas est”. Si trattava di una ricerca storica volta a dimostrare, documenti alla mano, alcune pretese insensate dell’Arciconfraternita di Santa Monica, che retrodatava la sua “elevazione”, senza documenti né prove, addirittura alla fine del ‘500 e la sua nascita persino alla metà del’400. Tuttavia dopo questo scritto, Pasquale non pubblicò più nulla: fece eccezione solo la ristampa del suo “La Venerabile Confraternita Sorrentina dei Servi di Maria”, che nel 2013 fu dedicato alla memoria di mons. Gabriele Russo, scomparso un anno prima. Da quel momento, e con l’aggravarsi della malattia, “Pasqualino” diradò sempre più le sue uscite, lasciando persino il suo posto nel Consiglio d’Amministrazione del Soggiorno Sant’Antonio, dove prestava volontariato e curava, con le monache bocconiane, l’annuale festa dedicata a Sant’Antonio da Padova. E alla sua ultima partecipazione a questa festa risale il mio personale ricordo di Pasquale Ferraiuolo. Stavamo parlando dell’antichità del complesso di Sant’Antonio, in passato dedicato a Santa Eufemia, quando ad un tratto mi disse: “la vedi la veste nera di Sant’Antonio, quella che la statua del Santo indossa”? Gli dissi di sì, e che sapevo risalisse alla presenza nel convento di Sant’Eufemia non dei francescani minori, ma di quelli conventuali, che infatti indossavano una veste nera. Ma proseguì raccontandomi un aneddoto: “il padre guardiano del Convento francescano di Sorrento, alcuni anni fa, si propose di donare all’Ospizio una nuova veste per il Santo, ma non nera, bensì marrone adducendo il fatto che è raro trovare raffigurazioni del patrono di Padova con la veste”. Ebbene, mi confidò di aver scoperto tutto ed essersi immediatamente opposto: “menomale venni a sapere tutto e scongiurai il cambio d’abito che avrebbe contribuito a far dimenticare la presenza conventuale a Sorrento”. Su due piedi non feci caso al suo racconto, perché mi sembrava persino pedante attaccarsi al colore della veste di un Santo. Tuttavia a casa mi venne da riflettere e pensai che fortunatamente esistevano intellettuali come Pasquale, capaci di salvaguardare la nostra storia e le tracce del passato anche con piccoli gesti. A lui quindi va il mio pensiero in questo momento di malinconia: la morte lo ha strappato a questa vita nel pieno di un’emergenza sanitaria che lo priverà di una mesa funebre e dell’accompagnamento della Confraternita che aveva tanto amato, studiato e servito. Riposa in pace Pasquale, che la terra ti sia lieve.

Gennaro Galano

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