La sapienza dell’amore in tempo di Covid 19.
Il Rettore della Chiesa di San Paolo, Don Francesco Saverio Casa fa eco ad un testo edito nel 2000 da Cittadella Editrice – Assisi, dal titolo “La sapienza dell’amore. In dialogo con Emmanuel Levinas”, autore Sergio Labate, laureatosi in Filosofia presso l’Università di Macerata, che ci offre una duplice e singolare riflessione tratta dal testo sopra citato, e l’altra di Daniele Vinci tratta da Limine – Collana di Studi Filosofici a cura del Dipartimento di Filosofia della Pontificia Facoltà teologica della Sardegna, Il Volto nel pensiero contemporaneo.
Sergio Labate svolge la sua attività di ricerca dedicandosi allo sviluppo di una filosofia del dono ponendosi in dialogo con Jaques Deridda e con Emmanuel Lévinas. Quest’ultimo, filosofo e accademico francese di origini ebraico-lituane, nato a Kaunas nel 1906 e morto a Parigi nel 1995, deve molto della sua formazione intellettuale allo studio della tradizione ebraica e dei classici della letteratura russa. Scrive Levinas: “E’il volto che inizia e rende possibile ogni discorso. Il volto è responsabilità per altri: esso è una visitazione; è responsabilità: esso mi guarda e mi riguarda. Il volto mi coinvolge, mi pone in questione, mi rende immediatamente responsabile. Fin dall’inizio l’estraneo che non ho né concepito, né partorito, l’ho già in braccio. La mia responsabilità nei confronti dell’altro arriva fino al punto che io mi debba sentire responsabile anche della responsabilità degli altri”.
Sergio Labate: “La vita non è soltanto vivere, vivere la vita è riempirla di contenuto. Riempire la vita con la vita. Chi è ora che dona il senso? La gratuità, che è gioia disinteressata nel sovrappiù della generosità. L’altro mi attrae per la sua partecipazione a me, perché il movimento dell’incontro è un ritorno verso di me. Donare non è sacrificio ma felicità”.
Labate cita a proposito Jaques Deridda, indicato più volte come possibile vincitore del Premio Nobel per la Letteratura, filosofo e saggista francese nato ad Algeri nel 1930 e morto a Parigi nel 2004:
“Il dono non dona che nella misura in cui esso dona il tempo. Il dono dona, chiede e prende del tempo. Dove c’e’ il dono c’e’ il tempo”. Tempo significa amore: a ciò cui concedo tempo, concedo amore. Ogni dono è traccia del bene, è dono del Bene. Solo coloro che amano hanno dunque in dono la sapienza. La traccia del Bene – conclude Sergio Labate – si manifesta come origine dell’umanità: nella logica del dono non si incontra l’altro per possedere, ma per amare. Il senso umano e il valore etico della logica del dono, così inteso, offre la possibilità che riaffiori la sapienza dell’amore.
Daniele Vinci: Il tema del volto umano, che predispone all’incontro, è il percorso verso l’essere della persona, è la via scelta da Romano Guardini.
Il presbitero, teologo e scrittore italiano naturalizzato tedesco, scrive: “Nell’apertura all’altro, nella dedizione e nell’incontro, fra Tu e Tu, tappe preparate dall’auto appartenenza e dal riposare in sé, esse stesse – queste tappe – sono accompagnate da una presenza che resta perlopiù sullo sfondo: quella del volto umano. Ogni incontro è un’esperienza nuova alla quale occorre rispondere con qualcosa di altrettanto nuovo: prendere sul serio colui che sta di fronte, il confermarsi vicendevole, che è ben altra cosa dal cercare l’accordo accomodante. Dire volto significa dire l’uomo in quanto persona, l’incontro tra uomo e uomo.
Ancora Daniele Vinci: “In una preghiera teologica intitolata Il giusto rapporto con Dio, Guardini afferma che nell’attenzione con cui tu, o Dio, mi guardi è fondato il mio valore. Nel tuo onore riposa il mio. Se ti abbandono, sono come l’uomo di cui parla il tuo apostolo: Egli guarda nello specchio e vede il suo viso; poi se ne va e dimentica chi è. Tu sei il solo sacro specchio nel quale io sono certo del mio volto eterno e in possesso della mia responsabilità”. Il volto in preghiera è un volto che cerca il volto di Dio: sono io stesso per il fatto che Egli guarda me. Lo sguardo di Dio non mette in pubblico, esso custodisce.