La religiosità del popolo sorrentino risplende nel periodo pasquale di fede autentica nelle celebrazioni dei riti della Settimana Santa che rappresentano la passione e morte di nostro Signore. Le numerose e benemerite Arciconfraternite presenti sul territorio con i propri confratelli in processione, in un rigoroso anonimato ne interpretano le vicende umane. Giusepe Lotito ed il gruppo di giovani eredi della storica ed antichissima Arciconfraternita del SS. Rosario della Chiesa dei Santi Felice e Bacolo, guidati dal padre spirituale Don Francesco Saverio Casa e dal priore Carlo Incoronato, hanno con chiarezza espositiva tratteggiato la storia del loro antico sodalizio ed annunciato la “visita” dell’Arciconfraternita agli altari della Reposizione di Giovedì Santo, 18 aprile, alle ore 20.00.
I confratelli della Venerabile Arciconfraternita del Rosario in Sorrento, il Giovedì Santo, danno vita, insieme a molti concittadini, ad una solenne processione di penitenza e di preghiera. Tutti i partecipanti indossano un particolare cappuccio per nascondere il volto; è segno di penitenza e della volontà di voler far sparire per poche ore il proprio ego per lasciare spazio a Gesù Cristo crocifisso, la cui effige viene portata in processione, con diverse tipiche simbologie (la croce istoriata, il pannetto, la croce della fratellanza).
Altri simboli di grande spledore sono le insegne del sodalizio, ricamante a mano in filati d’oro e di seta, secondo la tipica arte tessile del ‘700 napoletano, ed i cosiddetti “Martiri”, riproduzioni realistiche dei vari oggetti che ricordano la passione di Gesù e tutti gli accadimenti ad essa collegati. All’inizio del corteo sfila una banda musicale che suona marce molto struggenti, capaci di far vibrare l’animo anche del passante più disattento che le ascolta. Durante il percorso i confratelli sostano brevemente in preghiera presso gli altari della reposizione, i cosidetti “sepolcri”, dove fanno visita a Gesù Sacramentato, nascosto sotto i veli dell’Eucarestia. Lì, come fosse un alter Getsemani, ripetono a Cristo le parole degli apostoli che chiedevano perdono per il loro torpore, per il loro aver dormito quando era necessario restare svegli .
In sintesi, la processione del Giovedì Santo, è un preziosissimo bene antropologico e sociale, capace, seppur per una sola sera, di toccare il cuore e l’anima di migliaia di persone accorse a guardarla, regalandogli alte dosi di sensibilità; è faro di moralità e testimonianza di fede e d’amore.
La storiografia della processione:
Le origini della processione sono molto vetuste; il primo documento che ne attesta lo svolgimento è datato 1695. Si tratta di una richiesta indirizzata dal Priore della Confrernita del Rosario di Sorrento al vescovo Didaco Petra per ottonere l’autorizzazione ad uscire processionalmente la sera del Giovedì Santo, col sacco confreternale ed i cappucci, per fare la visita ai Santi Sepolcri (il documento è conservato presso la Biblioteca Diocesana).
Altri documenti che ne attestano lo svogimento annuale sono conservati presso l’archivio dell’Arciconfraternita. Altre fonti importanti risultano gli scritti sulla storia della penisola sorrentina di Manfredi Fasulo, che attesta come questa tradizione sia radicata in Sorrento.
Un’interruzione si ebbe nel periodo del secondo conflitto mondiale. Da allora, per parecchi decenni, questa processione non è uscita più .
Da circa trent’anni i confretelli hanno ripreso la pia pratica della visita ai sepolcri e da pochissimi anni, inserendosi nel solco della tipica tradizione processionale della settimana santa sorrentina, ne ha riadattato le forme, conformandole ad esse.