La signora Rosa ci accoglie nella sua camera da letto, circondata da mobili classici, santini, fiori, foto di persone care e tanti oggetti legati ad infiniti ricordi. Una storia unica quella di Rosa, che l’ha portata dal condurre una vita quasi isolata, rinchiusa tra le mura di casa fino alla soglia dei 20 anni, per poi essere balzata direttamente in America, a New York: “Nostro padre non ci faceva andare da nessuna parte, neanche alla spiaggia pur abitando a pochi passi della marina”, ha ripetuto più volte durante la nostra conversazione. “I miei spazi erano il cortile e il viale di casa e i miei compagni i fratelli piccoli e la sorella maggiore”. Poi aggiunge: “Abitavo nell’antico palazzo ‘abbascio a grotta’ e ho frequentato la scuola per soli tre anni, nel Quartiere alla Villarca”.
La svolta avvenne nel 1938 quando, tornato dall’America per un breve periodo, un bel giovane, anche lui originario della Marina: Luigi Amitrano, mi prese in moglie … come avveniva in quei tempi, col solo consenso dei miei genitori Aniello e Caterina Persico. Il matrimonio fu celebrato dal Canonico Mollo il 2 luglio del 1938 in casa, come talvolta si usava, ma poi rimasi di nuovo sola. Il mio novello sposo, infatti, dovette rientrare in America dove, a causa delle leggi sull’immigrazione di allora, non poté portarmi subito con sé. Fu alcuni mesi dopo, nel corso del 1939; che riuscii a ricongiungermi con lui, arrivando a New York sul transatlantico REX dopo un mese di navigazione. Superato l’adattamento iniziale e appresa un po’ la lingua, finalmente potetti godermi alcuni momenti di felicità, grazie anche alla fortuna di avere avuto un marito che veramente mi voleva bene. Ma non rimasi con le mani in mano e iniziai a cercare un lavoro, che trovai presso una affermata casa di moda … e quel lavoro mi avrebbe dato le più grandi soddisfazioni della mia vita: il cucito, che mia madre già insegnava a me e alle mie sorelle da piccole, si trasformò nella mia professione, che ho svolto con successo e diligenza fin quando ho potuto. Dopo oltre trent’anni di lavoro, dietro le insistenze di mio figlio Mattia preoccupato per la mia salute, mi ritirai in pensione “comunque dopo aver lavorato un anno in più di quanto avrei dovuto”. Il lavoro mi piaceva, ed ero anche brava: contribuivo a realizzare manualmente gli abiti che uno stilista disegnava e io vi aggiungevo spesso anche del mio, e quegli abiti ebbero tale successo da essere venduti nei più importanti atelier americani facendo la mia fortuna. Una parentesi fortunata anche perché sfuggii anche alla guerra che sarebbe scoppiata di lì a poco in Italia.
Finita la guerra, ogni tanto tornavo a casa, a trovare i numerosi parenti, i cugini e i tanti nipoti (oggi sono oltre una ventina). Una vita costellata di successi ma anche di dolori difficili da affrontare: mio marito, che lavorava come stiratore, dopo alcuni anni di matrimonio si ammalò e rimase infermo per una decina d’anni. Anni durissimi in cui solo la forza, lo spirito di sacrificio e l’infinita fede nella Madonna della Lobra, mi fecero affrontare con coraggio e determinazione la vita e il lavoro: “Partivo ogni mattina alle cinque, per andare dal New Jersey a New York, dopo aver affidato mio figlio, ancora in fasce, ad una vicina di casa, dovendo provvedere a mio marito allettato e nel contempo inviare soldi in Italia per supportare la famiglia”. Alla morte di Luigi nel 1952, la mia vita sembrava aver ripreso il suo semplice corso, fra il cucito e la cura del giardino.
Ma a questo punto l’emozione prende il sopravvento: i ricordi di Rosa riaffiorano a sprazzi e molti dettagli sfuggono o sono affidati alla testimonianza della nipote Caterina, che da anni si prende amorevolmente cura di Lei: “Purtroppo, la perdita del marito non fu l’ultima tragedia a cui dovette assistere, perché qualche anno dopo la lasciò anche l’unico e amatissimo figlio Mattia, colpito da un infarto, e la zia rimase praticamente sola”.
Negli anni ’90, a Rosa non resta altro che tornare in Italia riunendosi ai familiari che continuavano a vivere nei luoghi della sua giovinezza, quei luoghi nei quali, negli ultimi quarant’anni passati in America, aveva trascorso solo brevi periodi di vacanza.
Abbiamo tralasciato – di proposito – due elementi fondamentali di questa storia: il primo è una data, il 20 febbraio 1919, giorno di nascita di Rosa, che compie così il centesimo anno d’età, aggiungendosi alla ristretta cerchia dei centenari massesi, nella quale la sorella maggiore Maria Laura, mamma di Caterina, è già iscritta da tre anni; il secondo è che, tornata in Italia, Rosa ha dato alla comunità di Massa Lubrense (e alla Lobra in particolare) un motivo di eterna gratitudine. Grazie al suo intervento, infatti, sono state restaurate e salvate tantissime testimonianze storico-artistiche del Santuario della Lobra uno straordinario patrimonio artistico troppo spesso affidato alle cure (non sempre amorevoli) della collettività. Il primo intervento fu il restauro della statua di San Francesco, seguita da quello di San Pasquale Baylon, l’Assunta, l’Immacolata, il tabernacolo, il Cristo Morto, la tela di Sant’Antonio, gli affreschi nel chiostro, il crocifisso che viene portato in processione… opere che, sebbene non può ammirare più con i propri occhi (una malattia le ha portato via la vista), continua a tenere nel cuore, per la sua devozione alla Madonna della Lobra.
Una devozione, quella di Rosa Esposito, che per nostra fortuna si è manifestata in modo estremamente concreto e che è stata una vera e propria benedizione per la chiesa della Marina. La fede di Rosa rimarrà in eterno non soltanto incisa nella memoria collettiva della nostra città, ma che appare evidente anche nelle testimonianze tangibili della sua fede e della sua stessa vita. Nel nostro piccolo, noi dell’Archeoclub vogliamo riconoscere a Rosa, ora che può ancora ascoltarci e gioirne, la nostra infinita gratitudine, a nome di tutta la Cittadinanza che a Lei deve tanto, augurandole, unitamente alla sua famiglia, una vita ancora lunga e serena. Auguri di vero cuore a Rosa e anche a sua sorella Maria Laura per la loro longevità: 203 anni in due!
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