Nei giorni 1 e 2 novembre, i luoghi paradossalmente più affollati di persone sono (clima permettendo)… i cimiteri: il 2 novembre infatti ricorre la “commemorazione di tutti i fedeli defunti”, festività che segue nel calendario delle solennità cattoliche quella di “Tutti i Santi”. In questo giorno, che Totò definiva “triste e mesta ricorrenza” (A’ Livella), l’Occidente cristiano ricorda le anime dei trapassati, che hanno lasciato questa terra e si trovano o in Purgatorio o in Paradiso. Negli ultimi anni, però, tale festività appare bistrattata e aggredita da più parti: dai paesi anglosassoni, soprattutto dall’America, abbiamo importato la ricorrenza di Halloween, che per alcuni versi scimmiotta la nostra commemorazione dei defunti, insistendo più su tradizioni estranee alla nostra cultura, quale presenza sulla terra di spiriti maligni, abitudini apotropaiche contro il Male ecc. In Penisola Sorrentina, fortunatamente, esistono da secoli degli enti che non lesinano impegno per ricordare i defunti: le confraternite. Da Vico Equense a Massa Lubrense, passando ovviamente per “il Piano”, non c’è stata confraternita che non abbia organizzato, insieme alle parrocchie, celebrazioni liturgiche o processioni verso i cimiteri per alimentare il culto dei morti. L’istituzione delle pratiche religiose pro defunctis affonda le sue radici nell’alto Medioevo: nel VII sec. le comunità monastiche erano solite dedicare un giorno di preghiera completa, ogni anno, sia per i Santi che per tutti i defunti. Ma ai cluniacensi ciò non bastò: nel 998 Sant’Odilone di Cluny, sulle orme della lezione di Sant’Agostino, fissò il 2 novembre come data per commemorare tutti i defunti, soprattutto quelli che non avevano la fortuna di avere delle preghiere recitate in terra. Al vespro del 1 novembre le campane iniziavano a rintoccare “a morto”, in preparazione del giorno successivo, in cui l’eucarestia sarebbe stata offerta pro requie omnium defunctorum. Il principio su cui si fondava il suffragio alle anime dei morti, più che basarsi sull’idea greca di anima (immortale), affondava le sue radici nell’insegnamento di Gesù: la concezione cristiana dell’anima presupponeva la fede in un’altra “vita” dopo la morte, in attesa della Risurrezione. Ma per guadagnare il Paradiso c’era bisogno di fede e opere nella vita terrena; se invece non si era stati degni di trascorrere l’attesa della Risurrezione con le schiere di Angeli e Santi, al cospetto di Dio e di Gesù, probabilmente l’anima del peccatore, più che all’Inferno (luogo di dannazione eterna) era finita in Purgatorio, una sorta di limbo in cui l’anima, detta “purgante”, era costretta a trascorrere un tempo preciso, sulla base dei peccati commessi, prima di poter essere “traghettata” in Paradiso. Si trattava di una logica di premi e sanzioni, dunque, per restare impressa facilmente nella mente dei fedeli, con una sola eccezione: il tempo da trascorrere in Purgatorio poteva radicalmente diminuire se sulla terra qualcuno pregava incessantemente. Su questo versante si inserirono le confraternite laicali: da un lato, infatti, esse iniziarono ad assicurare una degna sepoltura ai fedeli nelle chiese e negli oratori (i cimiteri sono un’istituzione ottocentesca), dall’altro assicuravano ai defunti, dietro pagamento di quote elargite in vita, un determinato numero di messe di suffragio (pro anima) per accelerare il transito dal Purgatorio al Paradiso. Particolarmente solenne era la festività del 2 novembre per le Arciconfraternite della Morte ed Orazione (ne contiamo ben quattro in Penisola Sorrentina) le quali si preparavano un anno intero a quest’evento: nel corso dell’ottobre precedente iniziavano una incessante questua, di solito attuata da coppie di confratelli “assaccati” con un teschio in mano (a Massa i confratelli della Morte, a coppie, giravano quasi tutte le frazioni, giungendo a piedi fino a Nerano), mentre negli otto giorni precedenti veniva celebrato un solenne ottavario. Il 2 novembre era il giorno più importante: di norma vi erano solenni celebrazioni quasi ogni ora e si benediceva la terra santa. A Massa Lubrense l’usanza del culto dei morti è sopravvissuta, seppur con forme diverse: a Torca e all’Annunziata i cimiteri sono gestiti dalle rispettive confraternite, quasi un vanto per questi sodalizi, mentre quella della Morte ed Orazione e quella di Sant’Antonio organizzano processioni verso i cimiteri cittadini, dove si ergono le loro monumentali cappelle, per rinsaldare quel legame tra “anime purganti” e cristiani. Facendo sopravvivere questi culti facciamo sopravvivere anche una parte della nostra storia, spesso fondata sul ricordo, ma soprattutto un ricordo dei nostri cari che ci hanno lasciato: “frisc all’anima ro Priatorio” (vi sia refrigerio per le anime del Purgatorio).
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