TORQUATO TASSO – Oggi, 25 aprile, ricorrere il 423esimo anniversario della morte. Torquato nacque a Sorrento l’11 marzo 1544. Il padre Bernardo era un letterato e cortigiano al servizio del principe di Salerno Ferrante Sanseverino del vicereame di Napoli, mentre la madre, Porzia de’ Rossi discendeva da una nobile famiglia pistoiese.
Pochi anni dopo il principe fu bandito dal regno e Bernardo seguì il suo padrone, trascorrendo la vecchiaia tra occupazioni di corte faticose e poco remunerative.
All’età di 6 anni Torquato si recò in Sicilia e negli anni seguenti a Napoli, dove venne educato dai Gesuiti e conobbe Ettore Thesorieri con il quale restò in corrispondenza epistolare.
Egli rimase fino ai dieci anni a Napoli con la madre, poi seguì il padre prima alla corte di Urbino, quindi a Venezia; nel frattempo gli morì la madre, rimasta a Napoli, forse avvelenata dai suoi fratelli
Tra il 1560 ed il 1565, Tasso compì i suoi studi a Padova e a Bologna, centri di studio di cultura aristotelica.
Nella prestigiosa Università di Padova studiò prima diritto, poi letteratura e filosofia. Proprio a Padova Tasso gettò le basi della propria cultura filosofica, grazie soprattutto alla conoscenza di Sperone Speroni. Si legò all’Accademia degli Eterei ed in seguito a quella degli Infiammati.
Nel 1562, all’età di diciotto anni, pubblicò con successo il poema epico cavalleresco Rinaldo, incentrato sulle avventure del cugino di Orlando e si cimentò anche nella lirica amorosa[1] con versi dedicati a Laura Peperara, conosciuta a Mantova, e a Lucrezia Bendidio, dama di Eleonora d’Este.
Nel 1565 giunse a Ferrara in occasione delle nozze del duca Alfonso II, al servizio del cardinale Luigi d’Este, fratello del duca, e dal 1570 passò al servizio del duca stesso.
Questo fu il periodo più felice della vita di Tasso, in cui il poeta visse apprezzato dalle dame e dai gentiluomini per le sue doti poetiche e per l’eleganza mondana. La ricchezza culturale della corte estense costituì per lui un importante stimolo; ebbe infatti modo di conoscere Battista Guarini, Giovan Battista Pigna ed altri intellettuali dell’epoca.
Per il divertimento della corte fece rappresentare nell’estate del 1573 il dramma pastorale Aminta. In questo periodo riprese il poema sulla prima crociata, iniziato nel ’59, dandogli il nome di Gottifredo; il poema venne ultimato tra il 1570 e l’aprile del 1575 e presentato a corte nell’estate di quell’anno. Ad esso seguì la stesura del Discorso sull’Arte Poetica, un trattato teorico.
Tasso sottopose il suo poema al giudizio di cinque autorevoli letterati romani.
Egli condivise in parte gli scrupoli degli illustri letterati, che gli avevano rivolto critiche di stampo moralistico. In replica a questo giudizio il poeta scrisse, nel 1576, Allegoria.
Agli scrupoli letterari si unirono ben presto quelli religiosi, che assunsero la forma di vere e proprie manie di persecuzione. Per mettere alla prova la propria ortodossia nella fede cristiana si sottopose spontaneamente al giudizio dell’Inquisizione di Ferrara, che lo assolse. Nel 1578 si recò dalla sorella a Sorrento, annunciandole la propria morte, così da vedere la sua reazione: le svelò la sua vera identità solo dopo aver osservato la reazione realmente addolorata della donna. Anche quest’episodio sottolinea le turbe psichiche dell’autore, che mostrava evidenti segni di insicurezza.
Nel 1579 ritornò a Ferrara; poiché non trovò a corte l’accoglienza calorosa sperata, diede in escandescenze durante le terze nozze di Alfonso II con Margherita Gonzaga. Il duca lo rinchiuse quindi nell’Ospedale Sant’Anna, nella celebre cella detta poi “del Tasso”, dove rimase per sette anni. Qui, alle manie di persecuzione, si aggiunsero tendenze autopunitive.
Scrisse comunque ininterrottamente a principi, prelati, signori ed intellettuali pregandoli di liberarlo e difendendo la propria persona. Nel 1580, durante la prigionia, venne pubblicata a Venezia, senza il suo consenso, la prima edizione del poema iniziato all’età di quindici anni, con il nome di Goffredo, composto di 14 canti. L’opera ebbe un grande successo. Il poeta decise allora di pubblicare a Ferrara nel 1581 la Gerusalemme liberata.
Nel marzo del 1588 Tasso, ripreso il frenetico peregrinare tra le corti e le città italiane, ritornò a Napoli per risolvere a proprio favore le cause contro i parenti per il recupero della dote paterna. Benché potesse contare sui parenti e sulle conoscenze altolocate partenopee, i Carafa di Nocera Inferiore, i Gesualdo, i Caracciolo di Avellino, i Manso, preferì accettare l’ospitalità di un convento di frati. In questa occasione scrisse il poemetto, rimasto incompiuto, “Monte Oliveto”, in riferimento al convento in cui sorgeva il complesso monastico che attualmente ospita la caserma dei carabinieri (resta visitabile la chiesa Sant’Anna dei Lombardi).
Anche questo periodo napoletano si rivelò problematico per Tasso, a causa delle sue precarie condizioni di salute e delle ristrettezze economiche, a cui si aggiunsero anche nuove polemiche letterarie e religiose sulla Gerusalemme liberata.
Spostatosi a Bisaccia, Tasso poté vivere un periodo di maggiore tranquillità.
Dai contatti con il conte di Bisaccia nacque anche l’ispirazione per il dialogo Il messaggero, in cui è descritto uno spirito amoroso che appare a Tasso sotto la figura di un giovanetto dagli occhi azzurri, simili a quelli che Omero alla dea d’Atene attribuisce.
Tasso morì a Roma il 25 aprile del 1595 a 51 anni, poco prima di ricevere la laurea poetica promessagli dal papa, Clemente VIII.
Venne sepolto nella Chiesa di Sant’Onofrio al Gianicolo, presso il cui convento era stato ospite in cerca di sollievo spirituale nell’ultimo periodo della propria vita.