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VICO EQUENSE: VIAGGIO TRA LE ANTICHE CALCARE ED I CANTIERI NAVALI - WEB GIORNALE INDIPENDENTE

VICO EQUENSE: VIAGGIO TRA LE ANTICHE CALCARE ED I CANTIERI NAVALI

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ALLA RISCOPERTA DELLE NOSTRE RADICI

Le cave di pietra, le antiche calcare, i cantieri navali nella piana d’Aequa.

di

Giuseppe Maffucci

Il teologo Giulio Cesare Capaccio, poeta e storico napoletano, nato a Campagna nel 1550 e morto a Napoli l’8 luglio 1634, in una delle sue opere più importanti“Historiae Neapolitane”, nel citare la piana di “Aequa” – Vico Equense – dedica una particolare attenzione alla millenaria attività che in questo luogo si svolgeva, dalla lavorazione della pietra calcara, necessaria sia per la produzione della calce, che per la costruzione di muri e edifici particolarmente resistenti.

Giulio Cesare Capaccio 1550 – 1634

Nella piana di Aequa nel corso dei secoli sono state in attività numerose cave per l’estrazione della roccia calcarea sia nella parte occidentale verso la Punta di Scutolo, sia in quella orientale sulla spiaggia del “ Pezzolo”, dove sono ancora visibili i resti di una modesta “ Calcare”, struttura indispensabile per cuocere e trasformare la roccia in calce.

Il lavoro degli “ scippatori di pietre” così erano chiamati nei secoli passati i cavatori, continuando ininterrottamente nel tempo, anche se con mezzi rudimentali, ha contribuito certamente alla trasformazione della costa che, una volta degradava dolcemente verso il mare, dalla cattedrale della SS. Annunziata alla villetta del “ Paradiso”.

Senz’altro i vuoti e le frantumazioni che, quel tratto di costa oggi presenta non possono essere attribuiti soltanto a un cedimento naturale della collina, semmai alla concausa di più eventi.

E’ certo comunque che la trasformazione così radicale di questo tratto di costa non può essere avvenuto prima del 1315 periodo al quale si fa risalire l’avvio dei lavori per la costruzione della nuova cattedrale di Vico Equense, trasferita con la sede dalla mitica“ Aequa”, da Mons. Giovanni Cimmino Vescovo della diocesi equense dal 1316 fino alla sua morte avvenuta a Vico Equense nel 1343. Il Vescovo Cimmino venne sepolto nella cattedrale della SS. Annunziata, nella tomba che si era fatta costruire già dal 1330, come risulta dalla data scolpita sul marmo del monumento funebre tuttora leggibile nell’ex cattedrale.

Nessuno si sarebbe mai sognato, anche in tempi così lontani di costruire una chiesa, nonostante tutto lo spazio disponibile alle spalle, con la porta principale rivolta verso il mare, a pochi metri dal precipizio, con un piccolo largo davanti sostenuto da una serie di arcate.

Tutto fa pensare che, diversa era all’epoca la conformazione dei luoghi con punta “ Vescovado” molto più profonda e prospiciente verso il mare.

Una trasformazione anche più grande della costa è avvenuta nella parte occidentale di “Aequa”, nella zona del “Garracinaro” verso “ Punta Scutolo”.

Qui la collina che, scendeva in leggero pendio verso la spiaggia, come risulta da tante stampe del 1700, è stata per secoli utilizzata e modificata dal faticosissimo e pesante lavoro dell’uomo che è continuato fino a oltre il 1960. Nella parte estrema di “Scutolo”, sono ancora oggi visibili i resti di pontili, rotaie e carrelli per il trasporto delle pietre e dei grandi massi.

Stampa 1700 – Marina d’Aequa (Punta Scutolo).

La calcificazione delle pietre era già ampiamente praticata in epoca preromana e romana nella piana di Marina d’Aequa, dove furono costruiti diversi forni. Comunemente chiamati “ calcare”.

L’attività della produzione della calce da costruzione a “ Aequa” è andata avanti per secoli, negli Archivi di Stato di Napoli è conservato il Catasto Onciario di Vico Equense del 1754, fascio 232, fol.635t – fol.642t e la parcella riguardante i beni della mensa episcopale di Vico Equense, dalla quale si rileva che, in quell’epoca erano in attività otto calcare di cui conosciamo i proprietari e il luogo dove si trovavano.

Nella zona di “ Punta Scutolo”, (oggi chiamata spiaggia delle Calcare), si trovavano sette forni, dei quali due appartenevano al feudatario di Vico, il principe Filippo Ravaschieri di Satriano e, cinque alla Certosa di San. Giacomo di Capri, la quale era anche proprietaria di quasi tutte le case e le terre della piana di Aequa,fino al versante occidentale del “ Rivo D’Arco”. L’ottava calcara, i cui resti, come abbiamo già scritto, si trovano ancora sulla spiaggia del “ Pezzolo”, era di proprietà della Mensa Vescovile di Vico Equense, con tutta la zona circostante, dall’altro versante del torrente e fino all’attuale “Punta Vescovado”. Questa struttura era di modeste dimensioni, costruita in modo artigianale a forma di cono rovesciato.

Delle altre sette calcare, due sono del tutto scomparse, mentre cinque sono ben conservate alla “ Punta di Scutolo” e visibili oggi con la loro massiccia mola di pietra di tufo scuro lavorato a mano, edificate di fronte al mare, come a sfidare il tempo e l’incuria degli uomini.

Le otto calcare di Aequa hanno per secoli lavorato tutto l’anno, con una notevole produzione di calce di prima qualità, conosciuta ed esportata via mare in tutto il Regno di Napoli.

Un episodio curioso emerge dalla lettura delle SS. Visite di Monsignor Paolino Pace Vescovo di Vico Equense, in questi documenti il Vescovo scrive di un ricorso del cappellano della chiesetta di Sant’Antonio alla Marina d’Aequa che, nel 1776 si rivolge al Re di Napoli Ferdinando IV di Borbone, perché gli operai addetti alla cottura della calce e al carico delle barche, la domenica non andavano a messa, impegnati come erano nel loro duro lavoro. In risposta il Ministro per gli affari di cultodell’epoca “ Carlo De Marco”, per ordine del Re, stabilì che, trattandosi di lavoro necessario e utilissimo che, non poteva essere interrotto, si dicessero a “Aequa” due messe domenicali, in modo che una metà degli operai potesse andare alla prima messa e un’altra metà alla seconda.

Marinad’Aequa – 1933 – Spiaggia “Le Calcare ” La Feluca pronta al carico dei massi .

Questo episodio è significativo dell’importanza del lavoro svolto nelle calcare, della sua efficienza e redditività. Quest’attività, anche se con mezzidiversi è continuata sino ai nostri tempi, decine e decine di famiglie di operai equensi hanno per generazioni trovato sostentamento dal durissimo lavoro dei “ cavatori di pietre”.

Nella Piana di Aequa, però oltre all’attività principale delle cave e delle calcare, ebbe grande sviluppo anche quella dalla costruzione delle navi: Nei tempi più antichi le imbarcazioni erano certamente di modeste dimensioni, barche e barchette per la pesca e per i piccoli scambi commerciali e sociali, con i centri costieri vicini . Con l’arrivo però dei primi navigatori Fenici e Greci . crebbero, anche sulle nostre marine, la conoscenza della tecnica della carpenteria navale.Per circa due millenni lungo le coste aequane sono risuonati i colpi dei maestri d’ascia che con perizia tagliavano e fissavano le tavole, costruivano murate e interni d’imbarcazioni della lunghezza da cinque a trenta e più metri che, scendevano in mare sulla spiaggia di S.Antonio, siano esse “ Liberne romane”, Galee medioevali, Tartane, Velieri,Vascelli o più moderne imbarcazioni.

Nel 1700 alla marina di “Aequa” era già in funzione un importante cantiere che, si estendeva su un’area di quasi mille e duecento metri quadrati, dando occupazione a oltre sessantacinque operari specializzati. Il cantiere era situato a occidente, subito dopo la chiesetta di Sant’Antonio, dove oggi si trova il complesso turistico “ Le Axidie”, esso era ancora molto attivo nel 1865 .Con il progressivo tramonto della navigazione a vela e lo svilupparsi di quella a vapore che, richiedeva sempre più scafi di ferro, il cantiere di “Aequa” andò lentamente in crisi, così come avvenne per quelli pur gloriosi di Meta, Piano e Sorrento.

L’ultima imbarcazione, costruita nel cantiere della marina d’Aequa, per conto dell’armatore Antonio Savarese scese in mare dai suoi scali nel 1931, fu la superba motonave“LINDA”, una magnifica nave di legno di 40 metri di lunghezza e sette di larghezza, mossa da un potente motore, adibita al servizio trasporto passeggeri e merci da Marina d’Aequa – Marina di Vico – Napoli. Questa gloriosa imbarcazione ha svolto il suo servizio di trasporto turistico, da Castellammare di Stabia a Sorrento e Capri fino agli anni novanta del secolo scorso.

Oggi sulla piana di “Aequa” non si lavora più nelle cave di pietra, ormai in disuso le calcare, non si costruiscono più “ feluche” o “ brigantini”, ma lungo tutta la costa ferve una moderna attività turistica alberghiera, della ristorazione, della balneazione e del diportismo nautico che può essere, opportunamente sostenuta e valorizzata, ancora dopo tremila anni, il centro propulsore dello sviluppo e del progresso per tutta la comunità equense.

Veduta di Vico – J.De Langlume – A. Coignet sec. XIX

Gaetano Milone

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