” Tira un sospiro di sollievo dopo ore di tensione, il sindaco di Fano (Pesaro) Massimo Seri dopo il completamento dell’imbragatura e del
trasferimento in acqua della bomba – un ordigno della Seconda
Guerra Mondiale, di fabbricazione inglese, 1,10 metri di
lunghezza, carico di oltre 225 kg di tritolo – trovata ieri
durante i lavori della multiservizi Aset per realizzare uno
scolmatore vicino alla spiaggia Sassonia.
Dalle 20 in vari quartieri di Fano – il centro storico, la
zona Sassonia e la periferia sud – circa 23 mila persone erano
state completamente evacuate e ospitate da parenti o in palestre
e parrocchie della città. Le verifiche sull’ordigno, infatti,
avevano accertato che poteva esplodere: era stato
accidentalmente innescato durante i lavori di escavazione e
aveva una spoletta ritardata che avrebbe potuto far detonare la
bomba entro 144 ore. Da questo elemento è partita una rincorsa a
mettere in sicurezza un raggio di 1,8 km dal luogo del
ritrovamento: sono state evacuati anche la stazione e,
parzialmente, l’ospedale Santa Croce oltre ad essere sospesi il
servizio di Pronto Soccorso, la circolazione ferroviaria e il
traffico aereo per circa due km sopra Fano in cui è stato chiuso
l’aeroporto. Il sindaco aveva deciso anche la chiusura delle
scuole oggi: una decisione che rimarrà in quanto la rimozione
dell’ordigno, avvenuta prima dell’alba, non permetterebbe alle
famiglie magari di organizzarsi diversamente con i figli.
“Abbiamo una grande organizzazione nel nostro Paese”, ha
commentato il sindaco al cessato pericolo durante le operazioni
seguite dal Coc in costante contatto radio: il riferimento alla
macchina organizzativa che ha coinvolto tutte le istituzioni
coordinate dal prefetto Carla Ciancarilli. Dalla Protezione
civile alle forze dell’ordine, dalla Croce Rossa al Reggimento
Genio ferrovieri di Bologna dell’esercito, che ha curato la
prima fase delicata di rimozione dell’ordigno, fino agli
artificieri della Marina Militare che hanno portato in mare e
affondato l’ordigno. Solo nei prossimi giorni – 4 o 5 – gli
esperti decideranno se far esplodere l’ordigno in sicurezza o
depositarlo in fondo al mare. “Abbiamo valutato
tutte le misure possibili: la prima prevedeva un allontanamento
della popolazione per tempo lungo. Ma molta gente non era
evacuabile nel raggio di sgombero (in particolare i pazienti
dell’ospedale e delle case di cura, ndr) e qualcuno sarebbe
potuto essere ferito dalle schegge. Così abbiamo valutato un
altro tipo di intervento in cui gli operatori nostri e della
Marina hanno messo a rischio la vita pur di salvare le persone
che non potevano andare via da quelle aree”.
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