Malgrado fosse stato allontanato dalla sua padrona perchè in Italia è vietata la
detenzione di questo bellissimo ed originale animale,torna a casa il
Caracat, incrocio tra Caracal (ovvero la ‘lince del deserto’) e
gatto europeo, sequestrato la scorsa settimana per via della sua
presunta pericolosità in un appartamento di Milano e ora in
gabbia in una clinica veterinaria. Il procuratore aggiunto
Tiziana Siciliano ha firmato un decreto con cui dispone il suo
affidamento in custodia giudiziale presso la proprietaria poiché
l’attuale collocazione “pare provocare un grave stato di
sofferenza nell’animale”.
Il provvedimento del procuratore aggiunto verrà eseguito
domani mattina dai carabinieri del nucleo forestale di Milano, i
quali riconsegneranno in custodia il Caracat alla sua padrona,
A.K., una bulgara di 36 anni rintracciata dopo essere stata
avvistata, nel novembre scorso, ai giardini Montanelli di Milano
con l’esemplare al guinzaglio. In quella occasione qualcuno
aveva scattato una foto che poi era finita sui social. La donna
ora è indagata per detenzione di animali pericolosi per
l’incolumità pubblica.
Nel decreto di oggi, firmato nel tardo pomeriggio, si spiega
anche che sono state date rassicurazioni sulla “docilità
dell’animale” dai veterinari della clinica dove è stato portato
in seguito al sequestro e dove, dopo essere finito in gabbia,
avrebbe cominciato a rifiutare il cibo. Non così in casa, dove è
sempre stato libero.
Questa sorta di lince selvatica (originaria di Asia, Africa e
Medio Oriente) è nata in Belgio ed è stata acquistata in
Repubblica Ceca nel maggio scorso per 10 mila euro. In Bulgaria,
paese d’origine della proprietaria, la detenzione dell’animale
non è vietata dalla legge ma in Italia, con l’introduzione della
cosiddetta legge Cites nel 1996, è vietato il possesso.
La donna, tramite i suoi legali, ha presentato una istanza
per ottenere il dissequestro del Caracat. Dissequestro che non è
stato concesso. Il provvedimento dispone, infatti, la custodia
giudiziale in base all’articolo 259 del codice di procedura
penale.
La 36enne aveva anche lanciato un appello attraverso delle
interviste rilasciate ai giornali: “Processatemi – aveva detto –
ma non fatelo soffrire, non fatelo morire”.