I giudici della prima sezione penale della corte di appello di Firenze sono in camera di consiglio per emettere la sentenza sul processo di secondo grado sul naufragio della Costa
Concordia del 13 gennaio 2012 all’isola del Giglio, dove ci
furono 32 morti tra passeggeri e membri dell’equipaggio, molti
feriti e ingenti danni. Imputato è Francesco Schettino, l’ex
comandante della nave già condannato a 16 anni di reclusione e
un mese di arresto nella sentenza del tribunale di Grosseto
dell’11 febbraio 2015. La sentenza è prevista alle 18.
Schettino anche oggi non è presente in aula ed aspetta nella
sua casa di Meta di Sorrento la decisione della corte
di appello di Firenze.
Ventisette anni e 3 mesi la richiesta che lo scorso 27
aprile e’ stata formulata dal procuratore generale di Firenze
in apertura del processo. Mentre in primo grado Schettino fu
condannato dal tribunale di Grosseto a 16 anni per naufragio
colposo, omicidio colposo plurimo, lesioni colpose, abbandono
di persone incapaci, abbandono della nave. La procura aveva
chiesto 26 anni e per questo aveva presentato appello,
sostenendo che la colpa di Schettino nella gestione
dell’emergenza fosse piu’ grave di quella stabilita dal
tribunale. La Costa Concordia, che trasportava 1.023 membri
dell’equipaggio e 3.206 passeggeri, naufrago’ la sera del 13
gennaio 2012 davanti all’isola del Giglio dopo aver sbattuto
contro gli scogli delle ‘Scole’. Nel naufragio morirono 32
persone. Nel quarto anniversario del disastro, i giudici del
tribunale di Firenze sono oggi riuniti per emettere la sentenza
su quella che e’ stata considerata la sciagura piu’ grave della
storia italiana del mare degli ultimi 200 anni. Prima il teatro
Moderno di Grosseto, trasformato per l’occasione in un aula di
tribunale, poi l’appello a Firenze: sono passati cosi’ 4 anni
tra sentenze, udienze e ricorsi. Centinaia tra testimoni,
consulenti e oltre 50mila pagine tra documenti e ricostruzioni.
Le tappe della sciagura iniziano dall’impatto della nave sugli
scogli all’Isola del Giglio, alle 21,45 del 13 gennaio 2012.
Rocce taglienti che procurano uno squarcio di 70 metri nella
fiancata sinistra dello scafo. Quella che doveva essere una
tranquilla crociera, si trasforma in breve in un incubo per gli
oltre 3200 passeggeri. Al centro del dibattito, il ‘rito
dell’inchino’. Un passaggio sotto costa per rendere omaggio
all’isola. Ma la manovra ravvicinata si rivela fatale. La
fiancata della nave si squarcia, imbarca acqua e si genera un
black-out. La tragedia venne seguita “in diretta” in tutto il mondo e “l’abbandono nave” da parte del comandante Schettino prima che anche l’ultimo passeggero fosse messo in salvo scatenò violente polemiche facendolo passare anche -secondo noi ingiustamente – l’unico responsabile di quell’assurdo naufragio.