Il terribile sisma che il 23 novembre
1980, alle ore 19.34 circa, colpi’ l’Irpinia e la Basilicata
ebbe una magnitudo di 6.9 (pari a circa il decimo grado della
scala Mercalli) e causo’2.570 morti, 8.848 feriti e circa 300 mila senzatetto. Alcuni
comuni vicini all’epicentro – tra i quali Sant’Angelo dei
Lombardi, Lioni, Conza della Campania, Laviamo, Muro Lucano –
furono quasi rasi al suolo, altri gravemente danneggiati. A
Balvano il crollo della chiesa di S. Maria Assunta causo’ la
morte di 77 persone, di cui 66 bambini e adolescenti che stavano
partecipando alla messa della sera.
Dei 679 comuni delle otto province interessate dal sisma
(Avellino, Benevento, Caserta, Matera, Napoli, Potenza, Salerno
e Foggia, 506 (il 74%) ebbero danni da disastrosi a lievi. Le
tre province maggiormente colpite furono quelle di Avellino (103
comuni), Salerno (66) e Potenza (45). Trentasei comuni dell’area
epicentrale ebbero circa 20.000 alloggi distrutti o
irrecuperabili. In 244 comuni (non epicentrali) delle province
di Avellino, Benevento, Caserta, Matera, Foggia, Napoli, Potenza
e Salerno, altri 50.000 alloggi subirono danni da gravissimi a
medio-gravi. Ulteriori 30.000 alloggi lo furono in maniera
lieve.
Dopo le iniziali difficoltà determinate dalla gravita’ dei
danni e dall’ estensione dell’ area colpita, il governo affido’
ad un Commissario Straordinario (l’ on. Giuseppe Zamberletti) il
compito di coordinare le operazioni di soccorso alle popolazioni
colpite dal sisma.
Successivamente, il 14 maggio 1981, il Parlamento approvo’ la
legge 219 per la ricostruzione e lo sviluppo delle aree colpite
dal sisma, stanziando ingentissime risorse finanziarie, mai
dettagliatamente quantificate. Oggi la ricostruzione del
patrimonio edilizio ha superato il 90%.
Oggi, a 35 anni di distanza, il ricordo di quella giornata e
delle settimane che seguirono, caratterizzate da uno Stato
impotente dinanzi al disastro, incapace di coordinare i
soccorsi, tardivi e insufficienti nonostante lo sforzo immenso
messo in campo dai volontari, è tutt’altro che sbiadito.
Dei 119 comuni irpini, furono 99 quelli che riportarono danni
alle strutture. Il sisma fu avvertito pesantemente anche a
Napoli dove la gente si riversò in strada per passare la notte.
Il tempo ha placato le furenti polemiche sull’erogazione dei
fondi per la ricostruzione e sulle risorse destinate
allo sviluppo industriale: complessivamente, per i comuni
colpiti di Campania, Basilicata e Puglia, sono stati stanziati
quasi 30 miliardi di euro (dati 2011 della Camera dei Deputati).
Restano ancora code che riguardano le aree industriali
della ex legge 219/81 e i fondi destinati ai Comuni. Ma resta
soprattutto il ricordo dell’impegno dei sindaci nella
ricostruzione e quello dei volontari di tutta Italia in uno
scenario post bellico. Come resta la scossa data dall’arrivo
suoi luoghi della tragedia dell’allora Presidente della
Repubblica Sandro Pertini e una prima pagina del quotidiano Il
Mattino entrata nella memoria collettiva con l’appello “Fate
presto”.
Oggi, a 35 anni di distanza, dopo sprechi e inchieste,
l’Irpinia non conserva se non in minima parte le tracce di quel
disastro. Cosi’ come la Basilicata dove è stato ricostruito il
90% circa delle abitazioni private (con “punte” del 100% a
Balvano, nel Potentino, uno dei centri più colpiti dal sisma con
77 vittime) con un finanziamento complessivo di circa 4.840
miliardi di lire (circa 2,5 miliardi di euro).
Lo Stato mise in campo anche un robusto piano per la
realizzazione di nuove infrastrutture e aree industriali, con
uno stanziamento di circa 13 mila miliardi di lire (circa 6,7
miliardi di euro): 13 in Campania e sette in provincia di
Potenza (Baragiano, Isca Pantanelle, San Nicola di Melfi, Tito,
Viggiano, Valle di Vitalba, Balvano – a cui si aggiunge quella
di Nerico, a cavallo con l’Avellinese). Nelle aree industriali
si insediarono centinaia di imprese (un’ottantina delle quali in
Basilicata); molte ebbero vita difficile e ormai sono chiuse
senza dare continuità a quel progetto di ricostruzione e
sviluppo che il legislatore aveva immaginato per il “cratere”
del terremoto e i territori che lo circondavano. Quel grande
sforzo però non è stato completamente inutile: alcune grandi
aziende sono tuttora in attività (è il caso degli stabilimenti
della Ferrero di Balvano e Sant’Angelo dei Lombardi), altre sono
arrivate sulla scia di quei programmi (come la Fiat a Melfi) ma
soprattutto in quelle aree industriali, tramontato il sogno
della grande industrializzazione delle aree interne, sono
tuttora in attività decine di pmi di imprenditori locali.