Trent’anni fa moriva crivellato da dieci colpi di pistola il corrispondente de “Il Mattino” Giancarlo Siani. Pagava con la vita la passione giornalistica per la verità e la giustizia. Il giovane cronista si occupava da Torre Annunziata di criminalità organizzata, seguendo le vicende dei clan camorristici e individuando con lucidità ambigui intrecci tra politica e mondo della mala. Quei dieci colpi di pistola, sparati alla testa di Giancarlo sotto la sua casa del quartiere Vomero di Napoli, sono diventati negli anni il simbolo della violenza camorristica, della volontà di oscuri poteri di non far parlare, di far tacere a costo della morte. Ma sono, allo stesso tempo, divenuti anche e soprattutto l’emblema del valore della libertà d’espressione, della professione giornalistica e della necessità di far luce sugli sporchi affari della camorra, tutt’oggi presenti sul territorio campano e non solo. Siani scrisse della famiglia Gionta, del clan Nuvoletta e Bardellino, vere roccaforti criminali. In particolare fece emergere gli stretti legami tra malavita e fondi per la ricostruzione del post-terremoto dell’Irpinia. Per il suo omicidio furono condannati in via definitiva Angelo e Lorenzo Nuvoletta e Luigi Baccante come mandanti dell’omicidio, Ciro Cappuccio e Armando Del Core quali esecutori materiali. Assolto in Cassazione Valentino Gionta per non aver commesso il fatto, precedentemente condannato all’ergastolo come mandante.
Viva e forte, a distanza di trent’anni la memoria di Giancarlo Siani aleggia tra chi l’ha conosciuto. I familiari, i colleghi, i giornalisti oggi sotto scorta per aver scritto di organizzazioni criminali, ricordano episodi e concentrano l’attenzione sul valore simbolico della carriera di Siani, purtroppo interrotta a soli ventisei anni. Come sempre avviene dall’anno della morte, anche oggi è stata posta una corona di fiori sotto la targa delle rampe che portano il nome del cronista, proprio quel luogo che vide il suo sangue scorrere dalla Citroen Mehari sulla quale si trovava. Presenti tutte le più alte cariche cittadine, tra queste anche l’assessore alle politiche giovanili del Comune Alessandra Clemente, figlia di Silvia Ruotolo, vittima innocente della camorra.
Poi le celebrazioni presso la redazione del quotidiano di via Chiatamone. “Ancora oggi dobbiamo fare una battaglia nella società e per strada. Abbiamo il dovere di coniugare la lotta anche alle mafie che stanno dentro il Palazzo” ha dichiarato il sindaco di Napoli Luigi de Magistris. La capocronista Marilicia Salvia, amica e collega di Siani, ha invece tenuto a chiarire che “Giancarlo non è stato quello che è stato nonostante il Mattino, ma assieme al Mattino. Già negli anni ottanta era un simbolo a Torre Annunziata”. Infine, un appello al direttore Alessandro Barbano è arrivato dal presidente di Libera don Luigi Ciotti: “Mettete nel tamburino il nome di Giancarlo Siani”. E chissà se la richiesta del sacerdote sarà accolta.
Gianmarco Altieri